Quando la musica è una scelta di vita – incontro con Gabriella Artizzu

Gabriella Artizzu
Gabriella Artizzu

La musica non è un semplice linguaggio dell’anima. Con le sue molteplici espressioni scaturisce dal bisogno interiore di raccontarsi, manifestarsi, esteriorizzare la propria storia. Per questo i ragazzi che frequentano il conservatorio di Cagliari amano particolarmente il loro corso di studi, perchè hanno trovato nello strumento che suonano un modo per esprimere le loro emozioni, la loro persomalità e desiderano condividere questa passione con il Pubblico. La strada che hanno scelto non è semplice da percorrere, per ottenere il diploma, devono studiare dieci anni. Un periodo lungo, faticoso, fatto di impegno e sacrificio. Ma mai si sono arresi neppure nei momenti di grande diffocoltà e sono sempre supportati dall’aiuto dei loro insegnanti, maestri non solo di musica ma anche di vita. Dal 1999 il Conservatorio di Cagliari è diventato un istituto di alta cultura, una vera università che rilascia un diploma riconosciuto a livello europeo, segno importante del suo prestigio e dell’alta formazione che fornisce ai suoi studenti. Tutti gli insegnanti sono preparati al massino nelle loro discipline e l’intero team è egregiamente gestito da Maria Gabriella Artizzu la direttrice dell’istituto. Una donna sempre sorridente e disponibile che ha scelto di dedicare la sua esistenza alla musica e ai suoi ragazzi. Con loro, prima da insegnante, ora da direttrice, trascorre gran parte delle ore della sua giornata, conosce le loro aspirazioni, i loro desideri, le loro paure ed è sempre pronta ad aiurtarli, confortarli, indicare loro il cammino da percorrere per far crescere la loro passione per la musica senza arrendersi davanti alle difficolta.

Dottoressa Artizzu, quando ha iniziato a studiare musica?

Avevo nove anni quando iniziai a fraquentare le prime lezioni di pianoforte. Fu una passione che nacque col tempo. Il pianoforte entrò in casa per caso perchè ai miei genitori piaceva come complemento d’arredo e ben presto mi invitarono a suonarlo. Mi incuriosiva avere quello strumento a disposizione. Iniziai le lezioni e, a poco a poco cominciai a divertirmi, a emozionarmi. Pian piano la musica cominciava a far parte di me e io di lei. Non riuscivo più a farne a meno. Suonare era un passatempo facile, rilassante. Così mi iscrissi al conservatorio di musica di Cagliari e iniziai un percorso che mi accompagna tutt’ora. Mi diplomai in pianoforte dopo dieci anni di studio e terminato il corso ebbi la possibilità di studiare all’estero. Partì a 18 anni.

Dove andò, cosa ricorda di quella esperienza?

Fu bellissimo. Ancora mi emoziono se ci penso. Continuo ancora a trovare quasi strano il fatto che i miei genitori non si opposero al mio viaggio. Allora non si sentiva parlare spesso di ragazze che facevano la valigia per andare a specializzarsi lontano dalla Sardegna, pensai che i miei mi avrebbero ostacolata. Ma mi sbagliai perchè al contrario, ne furono felici. Così andai a Salisburgo e alloggiai in casa di una famiglia di italiani. Studiai assiduamente praticamente giorno e notte, dedicavo gran parte del mio tempo alla musica, mi impegnai tantissimo ma senza fatica.Al mio rientro continuai a studiare, preparai concerti, partecipai a concorsi di musica e feci le domande per insegnare nei conservatori. Nel 1978 passai di ruolo e, iniziò così la mia carriera all’interno della scuola.

Come fu il suo rapporto con gli insegnanti?

La mia più grande maestra fu una docente svizzera, Arlette Giangrandi Eggmann. Con lei ho studiato per dieci anni pianoforte. Era Svizzera ma si trasferì a Cagliari per amore di suo marito. Mi ha impartito una ferrea disciplina. Temevo molto il suo giudizio, era severa, a volte anche troppo, ma mi fece capire l’importanza di ciò che stavo facendo, mi indicò la strada da seguire e mi insegnò soprattutto che la musica è molto più che una passione, è una scelta di vita, a cui bisogna dedicarsi sempre, instancabilmente. Le devo molto. E’ stata una guida fondamentale per me. Fu molto più che un’insegnante di pianoforte.

Lei invece che rapporto ha avuto con i suoi allievi?

Ho creato un buon rapporto con i miei allievi. Per me sono come dei figli da accudire ogni giorno, da ascoltare, rimproverare, incoraggiare. Hanno bisogno di sentire che per loro sei un punto di riferimento solo così potranno superare le difficoltà che incontrano lungo il loro cammino. Fare i musicisti è una scelta difficile, che comporta una forte consapevolezza e tantissima determinazione e solo lavorando insieme a loro si possono ottenere degli ottimi risultati perchè, ciò che suonano non rimangano solo note in un pentagramma ma diventino emozioni che trasmettono al pubblico. Se l’allievo suona bene è anche merito dell’insegnante. E la stima, la complicità, l’affetto reciproco sono elementi fondamentali. Il mio è un un lavoro bellissimo, mi da una grande emozione.

Qual’è secondo lei il momento che mette più sotto pressione gli allievi?

Il momento del saggio di fine anno e i concerti in generale. Ci vuole equilibrio per superare l’emozione di stare sul palco, l’autocontrollo è fondamentale. Il cuore batte ma se riesci a trovare un equilibrio tra paura e desiderio di suonare, il risultato è assicurato e si riesce a emozionare se stessi e il pubblico.

Come è stato il passaggio dall’insegnamento alla direzione dell’istituto?

Sono due esperienze diverse. Ora faccio un pò il vigile urbano. Ho iniziato un pò per caso a svolgere questo ruolo. All’inizio lo feci per far fronte ad esigenze organizzative dell’istituto. Divenni vice direttrice e poi, quasi automaticamente direttrice. Amo molto anche questo compito. Sto sempre a contatto con i miei ragazzi. Seguo le lezioni, organizzo concerti, manifestazioni, sono sempre nel mio mondo, perciò sto bene e sono contenta di questa scelta. Finirò il mio mandato nel 2011.

Come vede il mondo della musica in Sardegna?

I ragazzi di questa scuola sono speciali. Sorridono, sono spiritosi, moderni sono pieni di volontà, non si stancano mai, hanno una disciplina mentale molto ferrea. Studiano, non perdono tempo e questo è alla base della loro formazione.Ma la realtà sarda è molto chiusa verso i giovani. Per loro sono poche le iniziative che i comuni mettono in atto per far emergere le loro doti artistiche. Purtroppo in Sardegna ma anche in Italia, il peso dato alla musica nell’ambito della formazione scolastica è minimo. Ci si limita a sviluppare capacità logiche e linguistiche tralasciando quelle motorie e musicali. Invece queste ultime sono molto sviluppate tra i giovani e costituiscono un patrimonio unico su cui investire per l’intera società. Un cittadino musicale infatti, non solo canterà meglio ma saprà scegliere cosa ascoltare, le parole da usare, i luoghi dove abitare e incontrarsi. La musica è delle più rilevanti forme educative dello spirito umano. E’ l’arte più fluida e bizzarra. Capace di conquistare cuore e mente dei teenager. La musica possiede regole rigide ma, dà la possibilità di entrare nel suo mondo, di creare molteplici espressioni, di lasciarsi guidare dalle armonie e dai suoni. Non è un semplice svago, ma, piace, diverte e fa sognare. E’ un elemento caratterizzante della società, aiuta ad avere una formazione culturale completa.

Cosa suggerisce di fare dopo aver conseguito il diploma al conservatorio?

I master fuori ormai sono obbligatori. Anche se molti tra loro non possono permetterseli, io suggerisco di partire e specializzarsi. C’è una grossa realtà, in particolare all’estero, di scuole, laboratori e scuole civiche serie che possono aprire grandi prospettive di lavoro. Poi ci vuole inizitiva, proporre gruppi di studio, concerti per bambini, ragazzi adulti, essere convincenti. Spesso però, noi artisti siamo persi nella nostra musica e vogliamo un pò esssere cercati. Perciò tendiamo a isolarci e voler essere capiti senza farci capire, creando malintesi che spesso possono essere deleteri per la carriera.

Cosa bisognerebbe fare per perfezionare il mercato musicale in Sardegna?

Bisognerebbe che i comuni si attivassero per creare maggiori luoghi da dedicare allo svago, all’intrattenimento e alla musica. Ci vorrebbero salette musicali dove i ragazzi possono suonare senza avere il problema di disturbare la quiete pubblica, Servirebbero maggiori iniziative in fatto di concorsi e concerti dedicati alla musica. Ma spesso mancano i fondi e le idee vengono bocciate in partenza.

Come è organizzato il vostro conservatorio?

Intanto abbiamo 133 docenti in organico, 40 gli esterni, 83 le classi del corso tradizionale, dodici studenti per lezione. Lo strumento più gettonato è di gran lunga il pianoforte, con 19 classi, seguito dal violino (13) e poi dal violoncello (5). Ma ci sono anche arpa, canto, chitarra, corno, percussioni,organo, musica elettronica e Jazz, che ultimamente ha un gran successo. In particolare quest’anno, in via del tutto sperimentale abbiamo inaugurato un corso di violino e violoncello per bambini di quattro, cinque anni. Seguono le lezioni con i loro genitori. Sono meravigliosi. Il corso è iniziato ad ottobre ma, sanno già suonare poche note del loro piccolo strumento. Io sono molto soddisfatta di questi piccoli allievi. Adoro vederli seguire le lezioni e spero che tra loro un giorno possa esserci un musicista che diventerà famoso.