Sardegna: oggi Lutto Nazionale. Nazioni Unite a lavoro per la Giustizia Climatica

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Il consiglio dei ministri ha deciso di indire per la giornata di oggi il lutto nazionale in ricordo delle vittime dell’alluvione che ha colpito la Sardegna.

Quanto sta avvenendo nelle ultime ore in Sardegna ridesta l’attenzione su un fenomeno che è tutt’altro che localizzato nelle aree dei Caraibi ma che anzi riguarda sempre più drammaticamente anche il nostro Paese: quello dei cambiamenti climatici.

Un processo di riscaldamento globale che procede inesorabile, mentre i governi e le organizzazioni internazionali stentano a prendere impegni concreti per avviare una vera transizione energetica ed economica per l’abbassamento delle emissioni climalteranti. E’  in corso proprio in questi giorni a Varsavia la Cop19 delle Nazioni Unite sul Clima, nel silenzio assordante dei media e senza alcuna speranza, da parte delle tante organizzazioni al lavoro per la Giustizia Climatica, di vedere uscire dai tavoli negoziali nulla di concreto.

  Sono stati i cambiamenti climatici a creare questi tifoni di grande potenza che hanno preso direzioni esagerate, e questo è un messaggio che la Natura ha fatto pervenire non soltanto al popolo filippino, ma a tutto il mondo, la cui attenzione è stata avvinta dalle immagini televisive digitali di questo mostruosi fenomeni. Il messaggio che la Natura ha inviato per mezzo di Yolanda, – che era trasportato da venti più veloci di quelli della super tempesta Sandy, che ha colpito il New Jersey e New York lo scorso ottobre, e dell’Uragano Katrina, che ha devastato New Orleans nel 2005 – era diretto specialmente ai governi del mondo che si incontravano a Varsavia per gli annuali negoziati sui cambiamenti climatici globali (COP 19) che secondo i programmi dovevano iniziare il primo novembre.E’ molto dubbio, tuttavia, che i governi che si stanno incontrando a Varsavia sapranno trarre profitto da questa occasione. In precedenza, all’inizio di quest’anno, sembrava che l’Uragano Sandy avrebbe messo il cambiamento climatico ai primi posti nell’agenda del Presidente Obama. Ma così non è stato.La Cina, che è oggi il più grande produttore del mondo di emissioni provenienti dal carbone,è improbabile che  voglia accettare vincoli obbligatori alle sue emissioni di gas serra, affermando la logica che coloro che hanno maggiormente contribuito ad accumulare il volume dei gas serra come gli Stati Uniti, devono essere obbligati a realizzare delle riduzioni obbligatorie delle loro emissioni. E come prende posizione la Cina, così faranno il Brasile, l’India e un gran numero di paesi in via di sviluppo già industrialmente avanzati, che sono le voci più influenti della coalizione del “Gruppo dei 77 più la Cina”: Ciò che sostengono i governi di questi paesi sembra essere che i loro piani di sviluppo industriale ad alta intensità di carbone che stanno attuando, non possono essere oggetto di negoziati.Un divario pericoloso
Secondo la Piattaforma di Durban approvata nel 2011, si suppone che i governi elaborino e presentino piani di riduzione delle emissioni di carbonio entro il 2015, e che quindi possano essere attuati a partire dal 2020. Gli scienziati che studiano il clima ritengono che ciò lasci un pericoloso vuoto di almeno sette anni, durante i quali non ci si può aspettare alcuna iniziativa di riduzione obbligatoria delle emissioni da parte degli Stati Uniti e di molti altri paesi che ancora usano in modo intenso il carbone. E’ sempre più chiaro che ogni anno è ora molto importante se il mondo intende evitare un aumento della temperatura globale al di sopra dei 2 gradi Celsius, il limite attualmente da tutti accettato, al di la del quale il clima globale può realmente andare fuori controllo.

 

Paesi come le Filippine e molti altri Stati insulari sono ormai in prima linea di fronte ai cambiamenti climatici. Ogni anno caratterizzato da drammatici e frequenti eventi climatici disastrosi.  il Fondo Verde per il Clima, che dovrebbe ridistribuire, a partire dal 2020, 100 miliardi di dollari all’anno, versati dai paesi ricchi a favore di quelli poveri, in modo da aiutarli ad adeguarsi ai cambiamenti climatici, (tali contributi sono stati finora di modesta entità e molto lente le erogazioni). Con tifoni e uragani che oggi rappresentano la parte più disastrosa degli eventi climatici estremi, questi paesi in prima linea devono spingere tutti i principali emittenti di gas serra a decidere immediatamente di effettuare tagli radicali delle emissioni, senza aspettare fino al 2020.

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Patrizia Floris