Lo sculaccione ha un valore educativo o un prezzo psicologico?

Domanda

Caro Dottore, sono una giovane mamma e vorrei chiederle come certe azioni dei genitori ricadono sui figli. Cioè che meccanismi smuovono nel bambino uno sculaccione o uno schiaffetto dato al momento della marachella. Cosa può comportare nel bambino a livello caratteriale, ad esempio insicurezza, e a livello di rapporti con gli estranei e non, ad esempio episodi di violenza o timidezza? Grazie.

M. da Milano

La risposta dello psicologo
Cara M., quello delle punizioni corporali è un dilemma che divide il mondo della psico-pedagogia dell’infanzia: c’è chi è a favore e chi no, pur essendo grosso modo d’accordo nel ritenere barbarici certi metodi alla “Signorina Rottenmeier” di Heidy. Dalla tua domanda, mi sembra di capire che tu ti aspetti quasi un rapporto meccanicistico di causa-effetto dovuto alle punizioni corporali, ignorando l’età, il contesto ed tratti di personalità del bambino/a.
In generale, io sono del parere che un “sano” sculaccione dato al momento giusto può essere più educativo di mille parole, non perché sia la risposta ad un problema, ma perché può essere un necessario atto d’amore in quelle condizioni in cui il dialogo non basta. Diventa infatti utile al bambino per capire che non deve più fare quel “qualcosa” e può anche essere liberatorio per lui, soprattutto nella giovanissima età, interrompendo certi comportamenti insistenti e frustranti. Spiego qui il perché del mio punto di vista.
Le punizioni corporali vanno comunque usate con molta parsimonia, anche perché i genitori che hanno il “ceffone” facile e lo dispensano come prima soluzione, oltre a trasmettere ai figli dei modelli educativi e relazionali basati sulla violenza (e non sul dialogo) che poi sono difficili da spezzare, tendono a sfavorire una crescita sana dei propri figli: sia perché non li “responsabilizzano”, aiutandoli a capire dove sbagliano, sia perché instaurano con loro un rapporto basato sulla paura punizione, dove i figli non si rivolgeranno ai genitori in caso di problemi e di errori, proprio temendo di ricevere solo una punizione anziché un aiuto.
È altrettanto vero che, specialmente nell’infanzia e prima adolescenza, i bambini possono vivere la vita con un forte approccio egocentrico, che li porta a vedere il mondo circostante come un’estensione di sé stessi, in cui tutto gli è dovuto. Soprattutto in quella fase, può essere difficile trasmettere loro valori e norme sociali solo col dialogo (perché ancora molto piccoli) ed, in generale, spiegare loro ciò che è giusto e ciò che è sbagliato anche se esso rimane la colonna portante dell’educazione: quando il dialogo da solo non basta e le “marachelle” persistono, allora il commisurato uso di una breve punizione può essere utile per ribadire i ruoli e le gerarchie, per associare emotivamente il leggero “choc” della punizione al comportamento scorretto e far capire che non si stava scherzando. Dato uno sculaccione una volta, la minaccia da parte di un genitore di darne un secondo può bastare affinché il bambino interrompa i capricci, diventando così un mezzo per non dover più passare alle mani. Tutto questo, si badi, sempre come ultima risorsa.
D’altro canto, la totale assenza di punizioni molto chiare, anche quando le circostanze lo richiederebbero, può portare ad un’eccessiva irriverenza del bambino ed a mal strutturare il suo ego, ad esempio nei confronti del rispetto delle norme sociali, delle gerarchie e dell’autodisciplina.
Dipende quindi molto dal “qui ed ora”, ma ricordati che il compito dei genitori consiste anche nel saper dire di “no” ai propri figli; che i genitori devono fare i genitori, non gli amici dei figli e che non è il singolo sculaccione o schiaffetto a creare danni psicologici, quanto l’educazione data nel suo complesso.

Mattia Loy