In viaggio verso Fonni

Rivista Donna si trova ancora una volta nel suggestivo entroterra della Sardegna per conoscere  una delle più suggestive e affascinanti località della nostra isola: Fonni. La nostra inviata Emanuela Sarti.

 

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Non c’è forse altro luogo in Sardegna più magico e fiabesco di Fonni nel periodo che precede il Natale: ai piedi del massiccio del Gennargentu (il cui nome, datogli probabilmente per il luccichio dello scisto, significa porta d’argento), tra il Monte Spada e la Barbagia di Ollolai, servito da impianti sciistici e di risalita, il paese si erge a 1000 metri di altitudine. Lo circondano le cime appena imbiancate del monte Bruncu Spina e di Punta La Marmora, la vetta più alta dell’isola. Nei pressi del paese sorge anche il parco Donnortei, oasi naturalistica e faunistica che ospita daini, cervi e mufloni. Raggiungo Fonni nel primo fine settimana di dicembre, in occasione del penultimo appuntamento che chiude la rassegna annuale “Autunno in Barbagia”; l’avevo già visitato tempo fa durante il Palio estivo e il suggestivo carnevale animato dalla maschera de s’Urthu. Scoprirlo in questa stagione è una sorpresa. Arrivo al crepuscolo, quassù la temperatura è notevolmente più bassa, l’aria frizzante e pungente.

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Per le strade del borgo, avvolte da un’onirica nebbia e rischiarate dalla fioca luce dei lampioni, pervase da aromi diversi e odore di brace, si aggirano curiosi e turisti. Fortunatamente si riesce a camminare, forse qualcuno si è lasciato scoraggiare dalla minaccia del maltempo e ha rinunciato. Gli alberghi e i bar comunque sono pieni e lungo le cortes che offrono assaggi e degustazioni la gente si assembra: prosciutto e olive, salsiccia, formaggio arrosto, cinghiale, castagne e vino locale, decisamente gradito ai più date le rigide temperature. All’interno della principale pasticceria un gruppo di persone è in fila per acquistare gli ottimi biscotti artigianali. La strada centrale è un lungo viale punteggiato di negozi, botteghe, chioschi e piazzette: oltre una curva svetta il campanile della bellissima basilica dei Martiri (dotata di un’interessante cripta i cui affreschi narrano la storia della cristianizzazione della Sardegna) con l’orologio illuminato e la scalinata. Si respira un’aria di (piacevole) mistero nonostante la festa, soprattutto tra i vicoli meno battuti e più segreti. La scoperta più bella sono infine i graziosi presepi, piccoli e grandi, che spuntano a ogni angolo e quasi sembrano vivi: ultimo segno tangibile di un Natale che altrove va scomparendo, simbolo di un Natale dell’anima che forse non esiste più.

 

Emanuela Sarti