Grassi e Oli, quanto ci piacciono.

 

olio

Esiste spesso una certa confusione tra i termini Lipidi e Grassi; ma quindi di cosa stiamo parlando?

I GRASSI vengono generalmente identificati con quelle sostanze untuose al tatto che rientrano nella costituzione di comuni alimenti, quali il burro, la margarina, gli oli e certe parti delle carni.

Chimicamente i grassi sono dei trigliceridi con numeri di atomi di carbonio che variano a costituire la lunghezza della molecola.

Con il termine LIPIDI (coniato in biochimica) si intendono, oltre ai grassi appena ricordati, anche quelle molecole grasse che contengono Fosforo, i Fosfolipidi o Saponi, e gli Steroli il cui capostipite è il Colesterolo.

Quello che accomuna i lipidi e i grassi è un fattore fisico che tutti conosciamo, la loro insolubilità in acqua e la loro solubilità invece in solventi organici quali l’etere, il cloroformio o la benzina.

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Le nostre cellule sono costituite da una membrana esterna che dona loro struttura, formata da lipidi e proteine che ne danno sostegno e stabilità. Tra i lipidi presenti nella membrana che riveste la cellula animale, uomo compreso, fondamentale è il colesterolo che dona ad esse fluidità.

Nell’organismo umano i grassi sono distribuiti nei vari organi e tessuti corporei in quantità e percentuali variabili. La parte più variabile e quella presente nel tessuto adiposo che rappresenta nell’adulto la vera riserva energetica più importante (in media il 20% del proprio peso corporeo, con un minimo di appena 5 Kg in un atleta, a oltre 50 Kg in un individuo obeso).

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Circa 100.000 kcal sono depositate come trigliceridi nel tessuto adiposo di un uomo di 70 Kg.

Come abbiamo visto, il tessuto adiposo è quindi il nostro magazzino, e quindi fonte enorme di energia per il lungo periodo, a differenza degli zuccheri che come avevamo visto (vedi Carboidrati) sono disponibili per un rapido utilizzo energetico e conservati nel fegato, ma il loro accumulo è molto limitato e quindi la loro disponibilità si esaurisce presto.

Il muscolo è invece il luogo di maggiore utilizzazione dei grassi oltre che degli zuccheri, a fini energetici.

Quindi possiamo dire che il Glucosio è un carburante per il muscolo che viene utilizzato prontamente, ma dura poco, mentre i Lipidi sono un carburante a più lento consumo, ma che possiamo disporre per tanto tempo anche in condizioni di totale digiuno.

Quando il il livello di Grasso nell’organismo è elevato, come nei sovrappeso o negli obesi, aumenta il loro utilizzo che andrà a scapito del glucosio, si può avere come risultato una condizione chiamata di insulino-resistenza, cioè una diminuita utilizzazione di glucosio da parte delle cellule muscolari, glucosio che rimarrà circolante nel sangue; questo fenomeno a lungo andare contribuirà all’instaurarsi del diabete nell’adulto.

Nelle società economicamente sviluppate, dove è presente una grande disponibilità di cibo, l’individuo adulto si trova più facilmente in sovrappeso che in sottopeso, qualsiasi siano i fattori operanti, genetici o ambientali. Quasi tutti i soggetti in sovrappeso si trovano in questo stato involontariamente, cioè subiscono passivamente questa condizione. Il che suggerisce, qualunque sia il meccanismo che regola l’appetito, che il controllo dell’eccesso dei consumi è più debole di quello del sottoconsumo. Tutti noi abbiamo avuto la sensazione di fame, quando il consumo di cibo è insufficiente. Esistono infatti segnali fisiologici e metabolici che informano il cervello del diminuito apporto nutritivo e così si mettono in moto sistemi biologici per compensare: è difficile sottoalimentarsi!

Cous Cous alla trapanese. Crediti : http://mangiarebuono.it
Cous Cous alla trapanese.
Crediti : http://mangiarebuono.it

MA…. se il consumo di cibo aumenta, non esistono altrettanti meccanismi compensatori rapidi per diminuire il consumo. Nel corso degli ultimi cento anni, nei paesi più sviluppati, il consumo di proteine e la loro proporzione nella dieta sono rimasti pressochè costanti. Vi sono stati invece fortissime variazioni nelle percentuali di carboidrati e grassi in ogni razione alimentare.

E’ noto che le proteine hanno un forte e duraturo effetto saziante, probabilmente a causa di meccanismi pre e post digestione, ed è perciò difficile consumarne grosse quantità. Non è invece facile stabilire differenze nelle proprietà sazianti di carboidrati e grassi. Da esperimenti si è visto che i grassi hanno solo un debole effetto sulla sazietà. L’appetito, e perciò il successivo consumo di cibo, non viene infatti soppresso dal consumo di grassi, e questo porta quindi a un conseguente sovraconsumo di tale alimento e quindi di energia. Perciò dato che l’uomo generalmente tende normalmente a mangiare un volume costante di cibo, tanto più è alta la densità energetica degli alimenti ingeriti, e tanto maggiore sarà l’energia conservata se non utilizzata. Inoltre si è dimostrato che alimenti con alta densità energetica, proprio come i grassi, sono molto più piacevoli per il palato e favoriscono perciò un sovraconsumo, mentre gli alimenti con una minor densità energetica come le fibre o le proteine, sono meno piacevoli per il palato e promuovono più la sazietà.

Sarebbe inoltre consigliabile consumare gli alimenti ricchi di grasso o gli oli, il più naturali possibili.

Infatti alcuni processi industriali sui cibi, tendono a modificare la composizione chimica dei lipidi, e questo può portare alla formazione di nuove strutture molecolari che spesso sono dannose, in quanto capaci di far abbassare le concentrazioni nel sangue di HDL (colesterolo buono) e far innalzare enormemente le LDL (colesterolo cattivo).

Inoltre il riscaldamento a temperatura elevata come la frittura casalinga (140-200° C), o nei processi di raffinazione industriale come la produzione delle margarine (> 200° C), determinano una serie di reazioni chimiche diverse, con formazione di composti di degradazione dei grassi.

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Nel caso delle fritture casalinghe, la quantità di questi prodotti di degradazione, altamente nocivi, è comunque assai più bassa rispetto a ciò che avviene a livello industriale, e dipende naturalmente dalle condizioni di conservazione e utilizzo dell’olio, dalla natura dell’olio stesso.

L’olio di oliva infatti ha un “punto di fumo” cioè il grado d temperatura a cui si formano le sostanze nocive, molto più alta rispetto agli oli di semi che generalmente vengono usati per friggere.

Gli oli di semi proprio per la loro composizione chimica, sono meno resistenti alle alte temperature della frittura, e in essi si generano quindi molte più sostanze dannose.

 

Dott. Carlo Lisci Garau

Specialista in Scienza dell’Alimentazione e Nutrizione Umana

Dottore di Ricerca in Medicina Molecolare e Traslazionale