Soraya Secci giovane attrice cagliaritana: la rosa purpurea di Teheran

 

Soraya: come la moglie che lo Scià di Persia ripudiò pubblicamente, perché non poteva garantirgli un erede al trono. L’origine del nome indo-sanscrito-persiana, significa: bella e splendente come il sole e la luna insieme. La giovane attrice cagliaritana, Secci di cognome, in un’ala espansa del  Teatro Massimo, sussurra sogni ed esprime desideri. La mantella chiara, sulla quale precipitano i lunghi capelli scuri, l’avvolge come un abbraccio. E’ chiusa, la mantella, non lei, da un fiocco semplice, come semplici ma al tempo stesso graziose, erano le filastrocche di Gianni Rodari, che lei ama da quando era bambina.

Gli occhi sono pieni di calore, il neo sulla guancia sinistra, può far pensare a Ines Sastre. Ma  è solo un piccolo punto nell’universo di Soraya. Il sorriso che sgorga fresco e puro, assomiglia a quello di Caterina Murino. Gli stivali neri sino al ginocchio, coprono le gambe. La mantella, poi, viene ripiegata su una poltrona. Il vestito che indossa, sembra “una distesa di segatura” come Fabrizio fa dire al babbo di Gesù, riferendosi al deserto. Un abito che la confeziona come un regalo, da dare a se stessa. Per ora.  E’ una rosa purpurea di Teheran.  Si siede sulla poltrona come una poetessa iraniana, poggia le sue fattezze su un tappeto .

Attrice, di teatro e di cinema. Continua a studiare musica (chitarra classica), canto, dizione e recitazione. Per rincorrere e raggiungere i suoi obiettivi, ha sempre lavorato. Tra i suoi tanti maestri, Emiliana Gimelli, Michela Atzeni, Lia Careddu, Nunzio Caponio, Marco Spiga e Luca Spanu. Prossima alla laurea in Scienze della formazione: due esami la separano al traguardo finale. Sta tirando la volata a se stessa, e molto probabilmente, arriverà sotto lo striscione a giugno. Cioè, domani. Innamorata dei libri, della macchina fotografica e della natura.  Inizia lavorando come commessa alla “Rinascente”, sezione Profumo. Di donna, ovviamente, così già respira “l’aria” di Gassman prima e Pacino poi. Al tempo stesso è segretaria in una palestra di pilates. La finestra del suo ufficio da sul Teatro Massimo. Già invaghita del polveroso mondo del palcoscenico , questo “particolare”, fa deflagrare  la sua passione. Segue tutti gli spettacoli e poi, quasi di colpo, arriva la proposta per  lavorare come impiegata nella struttura di viale Trento, a due fronde di distanza dal viale Merello. Nel 2013 c’è un altro cambio di scena: da amministrativa ad attrice. Inizia proprio al “Massimo”, interpretando una donna sarda del dopoguerra, in “Zente”, scritto da Lia Careddu, Luigi Tontonarelli e Corrado Giannetti. L’anno successivo, interpreta alcuni ruoli in “Assurdo caffè”. E’ Pocahontas ne “ Il fantasma di Canterville”: 2016, nel teatro selargino di “Si ‘e boi” .Quindi il viraggio al cinema :comparsa nel corto di Joe Bastardi, “ My splatter green life”. Nello stesso anno interpreta una segretaria nel corto di Claudio Marceddu, “Greenpowergym”. Lo scorso anno interpreta la cantastorie in “Vita nella città” di Karim Galici. Nei mesi scorsi, sulla Giara di Tuili, ha girato il teaser (verrà proiettato il 16 febbraio all’ Uci cinema di Cagliari), “Sandhalia”,diretto dal sassarese Gianpaolo Stangoni , ideato e prodotto ( assieme a” La città degli Dei) dal cagliaritano Stefano Piroddi (anche scrittore). “Sandhalia”, nel quale Amsicora (Maurizio Pulina), capeggia la rivolta del popolo sardo contro gli invasori romani.  Soraya è Nertha, sua moglie . In una scena il suo ventre lievitato, sbuca da una pinnetta. Da lì a poco, darà un erede al guerriero isolano. Dopo il teaser, ovviamente, verrà girato il film, sempre sulla Giara di Tuili. Le riprese dovrebbero cominciare in primavera. Tra gli interpreti Barbara Gioli (Bèina, vergine guerriera), Jacopo  Falugiani (Iosto, figlio di Amsicora e Nertha), Sabrina Sanna( Marcusa, una sciamana) e Antonio Luvinetti (Thorben). Il direttore della fotografia è Riccardo Melosu. “Sandhalia” sarà il primo di una serie di film, tre esattamente. Una saga sulla storia dei sardi. Vista con gli occhi di un sardo, Stefano Piroddi appunto e non con quelli di uno dei tanti invasori. Cioè quelli che avrebbero scritto la storia al rovescio.

Soraya, che, recentemente, ha già girato altri film, sui quali la produzione non le permette di dire nulla, è anche aiuto regista.

La prima volta lo è stata di Roberto Rustioni per “ Donne che sognarono cavalli”, andato in scena al Massimo, circa due anni fa.(Lo spettacolo dal sei all’undici di febbraio, sarà a Napoli, quindi nuovamente a Cagliari dal dieci al tredici maggio). Ha collaborato poi  con Giorgina Pi, per “ Settimo cielo”; con  Fernando Rubio (argentino, al quale ha fatto anche da interprete, vista la sua buona conoscenza dello spagnolo) , per “ Todo lo queestà a mi lado”, infine, per ora, con Rosalba Ziccheddu, per “Sette bambine ebree”. Tutte rappresentazioni tenutasi nella struttura teatrale per eccellenza. Che, in fondo, è la sua casa.

Insomma, in confronto a Soraya, Stakanov, minatore russo, potrebbe apparire come ungran  fannullone.

La ragazza di Cagliari, o se preferite la rosa purpurea di Teheran, continua il suo percorso. Al suo fianco la fedele compagna: l’umiltà. Che le ha promesso di continuare a fornirle solo buoni consigli.

Marcello Atzeni