Donna Sarda: una lunga storia di vita durante i secoli

Sono sempre state indipendenti, orgogliose, coraggiose e tenaci. Queste cono le donne sarde, che nel corso delle epoche hanno costruito e trainato il destino della Sardegna, terra ricca e selvaggia

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La donna in Sardegna ha da sempre rivestito un ruolo importante nella società, così da renderla il fulcro di ogni comunità

Dal neolitico fino ai nostri giorni la donna sarda è diventata una dea da idolatrare, e successivamente un motore della comunità.

Amata, adorata, ma anche temuta come nessun’altra donna nel corso dei secoli.

In antichità l’dea della donna era legata al culto della grande madre, che con il passare del tempo ha assunto nomi diversi.

Luna, Dea Madre, Tanit, Diana, Artemide. Sono tante raffigurazioni, ma che rappresentano un culto, quello della donna: lei che genera la vita, quella che mantiene il segreto della creazione.

La donna era considerata portatrice di luce divina, in grado di generare la progenie attraverso il parto in una modalità misteriosa ed inspiegabile.

Essa possedeva il segreto della procreazione, riuscendo a trasmettere questo potere a chiunque: animali e piante.

L’uomo invece era solo lo spettatore del miracolo divino, manifestato attraverso la donna, la nascita.

Un atto divino che assicurava la vita dopo la morte, il ciclo della vita in cui la donna è al centro di tutto.

Il culto della Grande Madre, nonostante i tentativi di sopprimerla rimane permanente nei secoli, continuando a celebrare la donna.

Le donne hanno un rapporto privilegiato col soprannaturale. Infatti all’epoca dei metalli sono predisposte alla difesa della casa e della famiglia.

Sono portatrici di segreti religiosi, con un aura fatta di misticismo che le circonda.

Successivamente, nonostante l’uomo assuma rilievo, per via dell’importanza della difesa con le armi, le donne hanno continuato ad essere il fulcro di tutto.

Si sono assunte la cura della famiglia, la difesa della terra in assenza dell’uomo quando è distante. 

Curano i problemi, affrontano mille difficoltà.

Il periodo medievale era duro per le donne: le si voleva sottomesse e remissive, ma la donna sarda rifiuta il suo ruolo di disparità nei confronti degli uomini.

La Sardegna infatti, si distacca dalla formula di matrimonio classica del diritto romano.

Nel resto dell’Italia le donne, erano date in sposa dal padre, con una dote.

Invece le donne sarde dimostrano la loro indipendenza così da costruire un matrimonio chiamato ‘A sa Sardisca’.

La donna sarda quando si sposava non portava con se la dote, ma insieme al marito contribuisce alla costruzione di una famiglia in parità.

L’uomo forniva la casa, la donna portava il mobilio, l’arredo ed il corredo.

I coniugi vivevano in comunione dei beni, così che la donna possedesse la posizione di parità nei confronti dello sposo, godendo degli stessi diritti: compenso, compravendita, eredità.

Infatti non si applicava il diritto romano, alla morte del marito la donna sarda rimaneva proprietaria di tutti i beni senza perdere diritto o posizione.

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La donna sarda ha vissuto la storia mantenendo sempre la sua innata forza, il suo orgoglio e la sua parità nei confronti dell’uomo.

Come sappiamo dalla letteratura, dalla storia e dall’arte, che ci riportano donne fiere, belle, sagge anche da giovani, furbe, intelligenti ed acculturate.

Le donne sarde avevano sempre lavorato sin da giovani, non solo in casa, ma ancora come tessitrici, serve, ricamatrici, contadine.

Queste ultime sopratutto, instancabili, sotto il sole o sotto la pioggia, lavorando per ore, producendo, creando, rimanendo al loro posto, senza vacillare mai.

Tutt’oggi raccontano di storie di donne sarde, che continuavano a lavorare nei campi, incinte, anche fino al giorno del parto. Ricche di forza d’animo, con un’instancabilità che nessun uomo aveva mai avuto.

Loro sono sicuramente state le prime femministe. 

Come dimenticare Eleonora D’Arborea, la bella regina guerriera che lottò per liberare la Sardegna dai conquistatori e creò la famosa Carta De Logu.

Grazia Deledda, premio Nobel per la letteratura, saggia eppure piena di passioni che seppe mostrare il suo talento in un’epoca in cui le donne non possedevano nemmeno gli stessi diritti degli uomini.

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Non solo loro ma altre donne, tenaci, forse poco conosciute come le banditesse, amate dal popolo ma temute dal governo piemontese, combattendo per la libertà della Sardegna.

In Sardegna si possono trovare i volti di quelle donne. Il tempo passa, ma loro, donne fedeli al loro ruolo, sono rimaste sempre le stesse, attaccate alla loro terra, alla famiglia.

Sono testarde, ma dolci, fiere e belle. Occhi scuri, sinceri, dalle parole incisive e dai visi pieni di espressività decisa.

Che siano visi giovani o con qualche ruga, esse conservano da sempre quella scintilla divina che non muterà mai.