ARCHIVAL PRINTS: la mostra al centro Fotografico di Cagliari

ARCHIVAL PRINTS

“La fotografia è contemporaneamente il riconoscimento di un fatto in una frazione di secondo e
l’organizzazione rigorosa di forme percepite visivamente che esprimono il significato di quel
fatto”. (H. Cartier-Bresson)

Fondata nella primavera del 1947 da Robert Capa, Henry Cartier-Bresson, George Rodger,
David Seymour e William Vandivert con l’obiettivo di proteggere il diritto d’autore e la
trasparenza dell’informazione con un nuovo modo di comunicare, ossia creando informazione
attraverso il reportage, l’Agenzia Magnum è un archivio dove trovare tutta la storia del mondo a
partire dal dopo guerra. Dai grandi eventi ai piccoli fatti di vita quotidiana. Per tutti gli anni
Cinquanta e Sessanta gran parte dei progetti dei componenti dell’agenzia sono rivolti alla difesa
del concetto di univeralità attinto alla dichiarazione universale dei diritti umani approvata
dall’ONU. Grazie alla politica di tutela, l’Agenzia Magnum ha raccolto intorno a sè sessanta tra i
più grandi fotografi al mondo e ha prodotto tra i più impotanti e drammatici reportage del XX
secolo.
La mostra collettiva di fotografia Archival Prints muove da un importante nucleo d’opere,
acquisite dal Centro Fotografico Cagliari direttamente da Magnum, con l’obiettivo di riunire
artisti contemporanei che rientrino nella stessa filosofia dettata dall’agenzia per un confronto
diretto che documenti l’evoluzione del reportage fotografico. Filosofia i cui principi rientrano nel
creare informazione esclusivamente attraverso il reportage mantenendo l’individualità di ogni
fotografo.

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Trovare la sintesi perfetta di quell’attimo, quello che Bresson considera il “momento
decisivo”, per giungere all’essenza della situazione riproducendo fedelmente la realtà, senza
limiti o vincoli. Mostrare trasparenza dell’informazione con la libertà di scegliere soggetti e
tematiche. Con un approccio assolutamente scevro da elaborazioni digitali delle immagini. Non
a caso John Morris sostiene che: “Magnum è uno stile di vita. Ha permesso ai suoi fotografi di
coltivare i loro sogni individuali tramite la condivisione. Essa rappresenta collettivamente il più
estremo individualismo. Nessun fotografo Magnum è la tipica espressione del gruppo”.
Protagonista del mondo a luci rosse di Tokyo, avulso dall’aspetto meramente pornografico,
Araki esplora l’industria del sesso giapponese, la realtà fittizia dell’esibizionismo e della
mercificazione del corpo femminile, anche nelle immagini più estreme del bondage. Tradizione
giapponese che consiste nel legare e immobilizzare corpi con robuste funi in un contesto
erotico.
Non è stato solo un maestro nel campo del reportage, lo svizzero Renè Burri, ma anche un
eccellente ritrattista convinto che non esistesse un istante più importante degli altri da fissare
sulla pellicola. I suoi sono ritratti iconici entrati nell’immaginario collettivo e destinati a rimanerci
per sempre, tra i più importanti quelli di Picasso, Giacometti, Fidel Castro e Che Guevara. Da
quest’ultimo fu inviato a documentare il successo della rivoluzione castrista, da qui il celebre
ritratto in mostra.

Fondatore dell’Agenzia, la cui fama esplode durante la guerra civile spagnola grazie alla foto del
Miliziano colpito a morte, sulla quale esistono riserve di autenticità, Robert Capa è autore, tra gli
altri, di Matisse nel suo studio e dello Sbarco in Normandia, una delle foto più note del XX
secolo. “Il mare era gelido e la spiaggia ancora lontana un centinaio di metri, mentre intorno a
me fioccavano proiettili che bucavano l’acqua”, scrisse nel suo memoriale. Otto delle foto
salvate, tra cui quella in mostra, furono pubblicate sulla rivista Life.capa-foto-rivistadonna.com

“Quando ho iniziato a fare sequenze, non era perché pensavo fosse bello o l’ultima cosa da fare.
L’ho fatto per superare la frustrazione del fermo immagine”. Tra poesia scritta e poesia visiva,
spesso con dissacrante ironia, l’americano Duane Michals supera i limiti dell’immagine
individuale aggiungendo un breve testo scritto a mano per trasformarla in opera narrativa che
sondi l’invisibile. Attraverso tematiche come sesso e morte.
Chien Chi Chang nel 1992 inizia un progetto basato sui legami familiari e culturali che durerà
vent’anni. Ciò che più gli interessa è la vita degli immigrati cinesi a Chinatown di NY e per contro
quelle delle loro famiglie nella terra d’origine. In mostra la curiosa immagine di un immigrato
che mangia noodles su una scala antincendio di NY non curante della vita frenetica che gli
ruota intorno.
Paul Fusco entra a far parte dell’Agenzia nel 1974. In mostra un’opera tratta dalla serie Funeral
Train realizzata nel 1968 a bordo del treno che trasportava la salma di Bob Kennedy. Armato di
tre macchine fotografiche e trenta pellicole scattò più di duemila foto dal finestrino per
immortalare il popolo americano che porgeva l’ultimo saluto al presidente.
Inizialmente il gallese David Hurn non era particolarmente interessato al fenomeno dei Beatles.
Il suo compito era quello di trovare l’immagine più rappresentativa in cui fossero ripresi tutti e
quattro insieme e un giorno la trovò negli studi di Abbey Road mentre provavano al piano con il
copione del film Tutti per uno: “Quella è diventata la foto simbolo, sicuramente una delle più
famose, perché colti in una posa naturale. Nel tempo è diventata una delle fotografie che viene
venduta come opera d’arte. Era la foto che aspettavo da tanto.”

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Uno dei più celebri fotografi contemporanei è senza dubbio Steve McCurry, conosciuto
sopratutto per il ritratto dalla grande forza espressiva della ragazza afgana pubblicata dal
National Geographic. Ha spaziato in molti ambiti da quello di guerra, dove documenta la
sofferenza delle genti costrette a fuggire dalla propria terra, alla fotografia urbana, come
dimostra l’opera in esposizione che rappresenta la stazione ferroviaria di Agra, in India, fino alla
ritrattistica della quale scrive: “La maggior parte delle mie foto è radicata nella gente. Cerco il
momento in cui si affaccia l’anima più genuina, in cui l’esperienza s’imprime sul volto di una
persona”.
George Rodgers fu tra i membri fondatori dell’Agenzia Magnum. Si occupò di molteplici
conflitti tra cui quelli in Abissinia ed Eritrea. Alla fine della Seconda Guerra, l’esperienza nei
campi di concentramento di Bergen-Belsen fu talmente traumatica che decise di abbandonare il
fotogiornalismo per dedicarsi a servizi naturalistici ed etnografici in Africa e in Medio Oriente,
così come dimostra l’entrata del Tempio di Petra in Giordania.

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“Ho dormito per settimane sotto le bombe, per terra, in mezzo ai morti. Alla fine ho perso la
ragione, non riuscivo più a dire una parola, non vedevo altro che morti, sangue, esplosioni”. È
stato uno dei più grandi fotografi di guerra Don McCullin. La sua difficile storia personale, fatta
di violenza sopratutto nel periodo dell’infanzia, gli ha permesso di affrontare le tragedie e gli
orrori del mondo. In mostra il deserto campo dove si è svolta la sanguinaria battaglia di
Somme, una serie di offensive anglo-francesi attuate per sfondare le linee tedesche che
condannarono a morte più di un milione di soldati da entrambe le parti.
“La maggior parte dei fotografi è molto legata alle situazioni esotiche e alle persone che si
trovano in circostanze estreme e drammatiche, ma credo che la vita ordinaria sia molto più
interessante di quanto la gente pensi”. Nonostante esordisca col b/n, dal 1982 per Martin Parr il
colore è al centro della sua ricerca. Colore saturo e brillante che enfatizza il lato umoristico del
suo lavoro. L’impietosa restituzione dei riti collettivi, la feroce critica della corsa al benessere, al
consumismo e all’edonismo si riscontrano anche nella tavola imbandita per la Festa della
Liberazione a Guernesey.
“Like sugar in milk” è la serie fotografica dalla quale proviene l’opera di Majlend Bramo che
esplora la comunità dei Parsi a Mumbai, ultimi seguaci del Zoroastrismo, la religione monoteista
più antica al mondo. Interessato anch’esso alle radici socio-culturali dell’India Max Pinckers è un
fotoreporter Magnum che indaga il mondo del cinema Bollywoodiano. Nella foto, al limite del
surreale, una coppia si apparta dentro un taxi che riempie di piccoli pappagalli. Sempre all’India
appartiene la serie di scatti realizzati da Nishant Shukla tra i ghiacciai alla fonte del Gange
durante un lungo viaggio che non solo è stato fotografico bensì soprattutto spirituale. Il
fotoreporter vive tra Londra e l’India e il suo interesse è rivolto al vasto tema dell’identità. Anche
Cristian Castelnuovo è affascinato dall’immensa terra indiana, pertanto fissa sull’obiettivo una
delle baraccopoli più grandi al mondo, quella di Dharavi. Il poverissimo quartiere di Mumbai
attraversato dalla conduttura che fornisce d’acqua tutta la città. Mentre nella seconda immagine
restituisce un luttuoso Berlusconi che, a causa della condanna del 2013, è costretto a lasciare la
carica di senatore.

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Da sempre interessato al territorio gallurese che esplora nei suoi aspetti naturalistici e sociali,
Gianluca Chiai riprende un gruppo di anziani che, come di consueto, siede all’ombra del
sagrato della chiesa di Baunei. Anche Marco Menghi è impegnato nell’analisi del territorio e
nelle sue trasformazioni, avvalendosi spesso di droni professionali, con un occhio di riguardo
verso architettura ed interni. In mostra il Ponte dei Queens a NY restituito come infrastruttura.
Giovanni Panizza è il più giovane tra i fotografi coinvolti. La foto proviene da Larung Gar in
Cina, paese abitato principalmente da monaci e monache tibetane, e immortala, appunto, un
gruppo di monache intente a studiare di buon mattino all’entrata del tempio. Nasce a
Gerusalemme, Rula Halawani che esplora la violenza che continua a devastare il suo paese e
che l’ha trasformato in zona di guerra perpetua. Le sue sono le terribili visioni dell’occupazione
israeliana tra cui quella in mostra che documenta un ragazzo palestinese durante gli scontri con
l’esercito israeliano. Anche Gabriele Micalizzi lavora in Medio Oriente seguendo le tensioni
politiche a Gaza ed Istanbul. Ha coperto la Primavera Araba – la serie di rivolte in Nord Africa e

Medio Oriente iniziata nel 2010 – e la Rivoluzione delle Camicie Rosse, militanti del Fronte Unito
per la Democrazia contro la dittatura a Bangkok. Stesse zone anche per Loris Savino che si è
anch’esso occupato della Primavera Araba e di conflitti etnici e religiosi. La sua foto appartiene
ad una serie dedicata ad un gruppo di tuffatori pugliesi dove il mare assume una dimensione
onirica e surreale. Dal 2005 fa parte dell’agenzia Contrasto.
La ricerca del brasiliano Eric Oliveira si concentra sulla fotografia di moda, sul paesaggio e sulle
scene urbane dove sottolinea decadenza e abbandono come avviene nell’immagine di La
Conca, motel di Las Vegas la cui insegna è stata realizzata da Paul Williams, e in quella dell’uomo
d’acciaio – oramai carico di ruggine – che si trovava all’esterno di una famosa sala biliardo,
sempre a Las Vegas. Mentre quella di Gianluca Panella si focalizza tra ritrattistica e reportage
rivolti al sociale. Le due foto sono tratte dalla serie delle Isole Kiribati, stato insulare dell’Oceania
destinato a svanire nell’oceano entro il 2050 a causa dell’innalzamento delle acque.panella-foto-rivistadonna.com

Stefano Picciau riprende, in una lunga prospettiva, l’interno metafisico del Forte Amber, una
fortezza sul lago di Maota in India che fu la residenza dei Maraja Raiput e utilizzato come via di
fuga per spostarsi sul più sicuro Forte Jaigarth. Proviene, invece, dal Museo del Genocidio in
Cambogia, lo scatto di Claudia Porcu che ritrae la moglie di un segretario di stato cambogiano,
costretto a confessarsi traditore, in carcere con il suo bambino prima di essere giustiziati. La
stessa fine che fece un terzo della popolazione cambogiana sterminata tra il 1975 e il 1979 sotto
la dittatura di Pol Pot. Mentre le tre foto di Marcello Nocera, parte del progetto Requiem,
documentano la Dia de Los Muertos, occasione in cui si celebra la divinità della Santa Muerte,
patrona dei narcos-trafficanti. Troviamo infine Roberto Goffi con uno scatto della casa-museo
dove Carol Rama ha vissuto per settant’anni – aperta al pubblico da pochi giorni – che coglie
l’atmosfera mistica che l’ha contraddistinta svelando l’anima delle cose che emergono dal buio,
così come accade nell’immagine del cancello rosso squillante di Davide Monteleone che
irrompe tra il verde della vegetazione, risultato di un viaggio attraverso la Russia.
Roberta Vanali

Bibliografia essenziale.
Magnum Manifesto, C. Cheroux, C. Bouveresse (a cura di), Edizioni Contrasto, Roma 2017.
N. Shukla, Seeking Moksha, The Alkazi Foundation for the Arts, India 2017.
R. Vanali, Raccontare la Santa Muerte. Marcello Nocera a Cagliari, in “Artribune”, Web https://

www.artribune.com/arti-visive/arte-contemporanea/2019/01/mostra-marcello-nocera-fondazione-
bartoli-felter-cagliari/, Roma, 23 gennaio 2019.

R. Vanali, Roberto Goffi. La casa di Carol Rama, presentazione della mostra omonima svoltasi al CFC di
Cristian Castelnuovo, Cagliari, febbraio 2019.