I MANICHINI

I manichini sono quelli che vedi nei grandi magazzini, nelle aree in allestimento; bianchi, insignificanti, quasi disturbanti nella loro umanità inerte. Sono come le persone che popolano la nostra vita, insignificanti fino al momento in cui le carichiamo di significato, fino al momento in cui le investiamo con l’energia delle nostre esigenze. Allora prendono vita, diventano significative, come diciamo nel linguaggio analogico, diventano simbolo. Ci fanno gioire e soffrire, influenzano i nostri gusti, deviano e cambiano le nostre esigenze, insomma popolano la nostra vita, nel bene come nel male. Sono il risultato del nostro pensiero creativo, quello che crea dal nulla e che trasforma il niente in tutto, che dà vita a idee, cose e persone con le quali costruiamo la nostra vita.

Sono le nostre esigenze a dare impulso e carburante a tutto questo: il manichino è al servizio delle nostre esigenze e incarna il ruolo che vogliamo che ricopra nella nostra vita e di cui lo incarichiamo per appagarle. Un cavalier servente agli ordini dei nostri turbamenti primari, che prima appare, poi assume sempre più importanza e poi, progressivamente sbiadisce fino a scomparire del tutto. E rimane come un vecchio simulacro che profuma di antico e di superato, di cui serbiamo un qualche ricordo non più determinante, forse solo di vaga nostalgia. Quanto dura questo tragitto dell’anima? Dipende, da pochi momenti a una vita intera!

E allora il Lui o la Lei che ti fa soffrire, che ti toglie il sonno, che ti fa impazzire di gelosia, che scompare e poi compare e poi scompare di nuovo in un pazzesco stillicidio che ti toglie interesse per la vita… beh, credici o no, quella persona è il manichino e lo hai creato tu. Lui/Lei non c’entra niente con le tue sofferenze, è inutile che te la prendi con lui, che lo maledici e che maledici il giorno in cui lo hai incontrato: sei tu che lo hai creato perché hai bisogno delle sofferenze e del tradimento emotivo che ti procura. I manichini solo le tessere del puzzle della tua vita che si incastrano con precisione nel spazio che si è creato, che è rimasto vuoto, che appagano una tua esigenza inappagata.

Noi amiamo come ci è stato insegnato ad amare dai nostri genitori o, comunque, dagli adulti significativi che ci hanno fornito esempi diretti di amore, per il modo in cui ci hanno fatto sentire amati, e indiretti per come abbiamo capito fosse l’amore tra gli adulti, osservandolo dal di fuori. L’amore diventa tossico quando lo utilizziamo nel presente come modalità di compensazione di quanto ci è mancato nel passato: allora l’altra/o diventa a sua insaputa e a nostra insaputa un mezzo e non un fine, uno strumento più che un obiettivo. Gelosia, possessività, egoismo, freddezza, anaffettività, … tutte le volte che superano i limiti e che portano all’infelicità profonda, denunciano un malessere che non riguarda il partner ma riguarda noi stessi e le nostre esigenze irrisolte per le quali abbiamo focalizzato proprio quel tipo di persona.

Ercole Renzi