LA SCRITTRICE MANUELA CHIAROTTINO: BISOGNEREBBE TORNARE A UNA EDITORIA DI QUALITÀ E A UN RAPPORTO PIÙ INTIMO CON I LIBRAI

 

Manuela Chiarottino è nata e vive in provincia di Torino. Vincitrice del concorso Verbania for Women 2019 e del Premio nazionale di letteratura per l’infanzia Fondazione Marazza 2019, nella scrittura ama il genere rosa, declinato in diverse sfumature.

Mentre il mondo e il mercato editoriale si sono fermati in questo difficile 2020 a fronte della pandemia la scrittrice è comunque riuscita a rimanere saldamente sul mercato editoriale con l’uscita di ben quattro libri.

Tra le sue pubblicazioni si annoverano: La stessa rabbia negli occhi (2020), La nostra isola (Triskell Edizioni, 2020), Tesoro d’Irlanda (More Stories, 2020), Fiori di loto (Buendia Books, 2020), La bambina che annusava i libri (More Stories, 2019), Incompatibili (Le Mezzelane, 2019), La custode della seta (Buendia Books, 2019), Tutti i colori di Byron (Buendia Books, 2018), Il gioco dei desideri (Amarganta, 2018), Maga per caso (Le Mezzelane, 2018), Un amore a cinque stelle (Triskell, 2016), Cuori al galoppo (Rizzoli 2016), Due passi avanti un passo indietro (Amarganta, 2016), Il mio perfetto vestito portafortuna (La Corte, 2016), Ancora prima di incontrarti (Rizzoli, 2015) e molti altri.

Manuela, in quale tipo di donna ti rispecchi e quanto troviamo di te nelle storie che racconti?

Sono una donna che vive nelle contraddizioni e nelle difficoltà del proprio tempo e che si è spesso dovuta reinventare, rialzandosi dopo le cadute. Nelle mie storie credo che sia inevitabile trovare qualcosa di me, non è detto che sia per forza nelle caratteristiche della protagonista, può essere anche solo in un ricordo trasformato in narrazione o in una mia sensibilità rispetto a certe tematiche che mi porta a volerle affrontare e condividere.

Quali libri ci sono attualmente sul tuo comodino?

“L’estate che sciolse ogni cosa” e un libro di counseling, la mia seconda identità.

Veniamo invece ai tuoi “figli letterari”. Ami il genere rosa e con le opere riesci anche a riscattarlo da molti pregiudizi che lo considerano letteratura di serie B affrontando tematiche mai scontate. Vuoi farci una carrellata di titoli e relativi temi che hai toccato?

“Fiori di loto” è un romanzo di narrativa patrocinato dalla Fondazione Molinette e a sostegno del progetto Donne per le donne, tratta dei condizionamenti imposti alle donne attraverso il loro corpo, spesso con assurdi canoni di bellezza che diventano un controllo della libertà, come la fasciatura dei piedi, ma parla anche di resilienza femminile e soprattutto di rinascita; “Un amore a cinque stelle” è il romanzo che ha vinto il concorso “Fiori d’acciaio” della CE Triskell e ha come sfondo la violenza domestica; in “Tutti i colori di Byron”, vincitore del premio “Barbera da leggere”, attraverso il dialogo tra il nipote adolescente e il vecchio nonno, un tempo partigiano, parlo del valore della libertà e di bullismo legato all’omofobia; “La nostra isola” ricorda un fatto storico, cioè il confino degli omosessuali nell’isola di San Domino nel ’41. E infine l’ultimo, “La stessa rabbia negli occhi”. Attraverso una storia di amicizia e d’amore, parlo di come in ognuno di noi esistano luci e ombre e di come a volte brillare faccia ancora più paura che restare nel buio. Nessuno è davvero perfetto e tutti possiamo trovare la nostra luce, bisogna solo amarsi per quello che si è. Affronta in modo reale, ma delicato, tematiche come la perdita, il bullismo, l’autolesionismo e il dialogo tra genitori e figli.

Qual è solitamente il tuo punto di vista nella narrazione?

Dipende dal tipo della storia, nel caso di “La stessa rabbia negli occhi” è la protagonista che racconta dal suo punto di vista, cioè quello di un’adolescente di diciassette anni, perché volevo che si entrasse veramente nella sua testa, e nel suo cuore, si vivesse con lei ogni emozione.

Scrivi anche di personaggi maschili: è una sfida più affascinante quella di calarsi nei panni dell’altro sesso?

Mi piace l’idea di sviluppare anche un punto di vista maschile, ricordo il primo romanzo con questa caratteristica, “Due passi avanti, un passo indietro”, dove i protagonisti erano entrambi uomini. Avevo timore di non aver ben rivestito i personaggi della giusta voce, ma la risposta del curatore della collana, che scelse poi la storia, un uomo, mi fece capire che, soprattutto parlando di sentimenti, ci sono emozioni e gesti comuni, detto questo bisogna chiaramente distinguere dei comportamenti maschili da quelli femminili.

Scriveresti mai un libro sulla pandemia?

In verità ho partecipato a una raccolta di racconti che si intitola “Lettureantivirus”, dove la pandemia è lo sfondo comune in racconti di pura fantasia, che parlano di persone e delle loro emozioni, storie insomma di vita. Parte del ricavato sarà devoluto a un’associazione che si occupa di donare alimenti ai bisognosi.

Di cosa avrebbe bisogno il mercato editoriale oggi tra la miriade di proposte per riavvicinare i lettori e far ripartire un settore già da tempo in crisi?

In questo particolare momento storico tutta l’editoria è ancora più in crisi, con il blocco delle fiere e delle presentazioni. Io però non credo che non esistano più i lettori, visto quanto è stata voluta e apprezzata l’idea di mantenere aperte le librerie in questa seconda fase. Credo piuttosto che ci sia troppa offerta nel mercato e che, purtroppo, parte di questa offerta sia scadente. Forse ci dovrebbe essere più scrematura e sarebbe bello anche tornare alle librerie di una volta, dove sapevano consigliarti e parlarti davvero di un romanzo, mentre oggi a volte, non sempre naturalmente, il rapporto è più freddo e così si finisce per acquistare on line.

Quali, infine, i tuoi progetti letterari futuri?

Alla fine di novembre uscirà il mio primo romance storico. Nato come un racconto, un giorno che volevo “giocare” a cimentarmi in un nuovo genere, si è poi trasformato in un vero romanzo, dove questa volta l’amore fa da protagonista. Una mia piccola impronta però c’è sempre, la protagonista femminile, nonostante l’epoca in cui le donne non avevano molti diritti, il periodo Regency di Jane Austen per intenderci, ha un suo bel caratterino deciso e indipendente. In fondo come molte delle mie protagoniste, all’inizio donne apparentemente fragili e insicure, che durante il percorso narrativo costruiscono una loro forza e consapevolezza.

Di Francesca Ghezzani