S’accabadora agiva con il giogo

accabadoraLeggenda o Storia? In tempi in cui l’eutanasia e’ un tema di scottante attualita’, andiamo alla ricerca di una figura molto particolare che la Sardegna del passato ci ha consegnato e su cui tanti hanno scritto o incentrato i loro studi, che a noi pare un personaggio femminile degno di nota, se non altro, per la sua peculiarita’. Sicuramente ormai scomparsa ma non dimenticata, la donna di cui parliamo e’ l’Accabadora. Si dice di lei: dispensatrice della buona morte, professionista della morte … Mai assassina, perche’ uccideva per scopi umanitari. E’ l’Accabadora. Colei che aveva il compito di ‘accabbare’ o porre fine alle sofferenze di chi non trova la morte dopo lunga agonia. Anche se alcuni intendono piu’ plausibile far derivare l’orgine del nome dal sardo ‘accabaddare’ che significa incrociare le mani al defunto. Agevolava il trapasso nei soggetti condannati ad atroci sofferenze che non riuscivano a guarire ne’ con i rimedi medicamentosi, ne’ con la preghiera. Esiste una testimonianza diretta:”Ho visto agire l’accabadora”. Dolores Turchi, l’autrice del libro cosi’ intitolato, raccoglie e pubblica le parole della signora Paolina Concas, classe 1918, oggi tra le poche persone a poter raccontare dell’esistenza di questo personaggio cosi’ controverso. Riporta la Turchi, nell’intervista alla signora Concas in riferimento ad una donna a cui l’Accabadora aveva appena fatto visita: “Certo che e’ morta! Se non aveva voglia di morire gia’ ha fatto in fretta … perche’ e’ venuta … una donna anziana … e portava con se unu jualeddu… Le ha messo unu jualeddu sotto il collo … hanno tolto tutti i santi … poi le ha ficcato quello sotto la testa, ho detto, ed e’ morta”. Proviamo a ricostruire l’attivita’ dell’Accabadora, basandoci su cio’ che di lei si tramanda in antichi documenti, tra magia, folklore e storia, partendo dal presupposto che agiva oltre il limite della legalita’ rimanendo impunita perche’ ben protetta e rispettata dal popolo. Popolo che mai l’ha consegnata tra le braccia della legge. Il ruolo era affidato in Barbagia esclusivamente alle donne, mentre nel Medio Campidano ci sono casi in cui anche gli uomini esercitavano tale ‘professione’. La sua opera era rivolta solo a coloro che si trovavano ‘inspiegabilmente’ a vivere lunghi periodi di atroci sofferenze, in seguito a gravi malattie o “Dio solo sa che cosa”, senza che il corpo trovasse riparo nella morte. La famiglia dell’agonizzante, o egli stesso in prima persona se ancora cosciente, si rivolgeva dunque all’Accabadora. La donna si recava al capezzale del malato terminale, vestita di nero, in una stanza appositamente preparata in modo che fosse spoglia e priva di simboli religiosi di qualunque tipo. Eseguiva la sua funzione attraverso su jualeddu, un piccolo giogo (attrezzo di legno usato in agricoltura che si pone sul collo dei buoi quando vengono attaccati ai carri) riposto sotto la nuca del moribondo. Pochi minuti e l’afflitto trovava consolazione nella morte, la rinascita ad una nuova vita. La scelta di morire piuttosto che soffrire. Lecito, non lecito. Chi decide per chi. Il dibattito sull’eutanasia, perche’ di questo si tratta, spesso si tinge di colori forti e pone l’accento su temi esistenziali difficili da trattare in queste righe. Possiamo pero’ riflettere piu’ liberamente su come parte del popolo sardo la pensasse a riguardo fino a poco tempo fa, ricordando che la testimonianza riportata da Dolores Turchi nel suo libro, si riferisce ad un episodio avvenuto circa settanta anni fa. Il punto sta nell’intepretazione dei motivi per cui un individuo puo’ ridursi per lunghi periodi ad uno stato di ‘malato terminale’. Da bravi seguaci della scienza, noi siamo portati a pensare che la causa di cio’ sia senza dubbio la malattia, il malfunzionamento della nostra macchina corporea. Ma prima della divulgazione della scienza? Chi concepiva l’operato dell’Accabadora e che percio’ la ‘assoldava’, era portato a pensare che la ‘prolungata agonia’ fosse l’estrema punizione divina per aver commesso qualcosa di molto grave. Come il furto di un giogo. Il gioco era uno strumento importantissimo nell’antica societa’ agro-pastorale in quanto era indispensabile alle famiglie per lavorare. Senza il giogo non si potevano arare i campi. Ed e’ questo il motivo per cui l’Accabadora agiva con un giogo. Come dire …. Chi di arma ferisce, di arma perisce. La societa’ affidava alle donne i momenti topici della vita dell’essere umano: la nascita e la morte. E l’Accabadora era chiamata ad uno di questi. “Muta era arrivata e muta se ne era andata”.