Intervista a Dario Fo per Rivista Donna

 

  • dario-fo2Attraverso la pittura Lei ha voluto raccontare la vita e la storia della Divina Maria Callas nella mostra al Museo Opera di Palazzo Forti a Verona, alla quale sarà possibile prender parte dal 22 Maggio al 27 Settembre: Maestro Ha mai avuto modo di conoscere personalmente la Divina Callas?

Sì io ho conosciuto personalmente la Callas: il nostro è stato un incontro fortuito e divertente allo stesso tempo. Ero ragazzo e l’ho vista dall’alto del Teatro scaligero mentre passava il praticabile grande della Scala,con il rischio che le potessero cadere addosso alcuni pezzi di scenografia; allora io mi metto a gridare: “ Ferma, cosa fa?! Torna indietro che se cade un pezzo di struttura ti schiaccia!”. Subito le chiedo dove stesse andando e lei mi risponde dicendo di volersi dirigere in proscenio per le prove; ma proprio in quell’istante è arrivato il Direttore di scena, che conosceva la Callas, e l’ha portata via con sé. Io mi sono reso conto che su di lei, in fondo, si è fatto un lavoro di massacro: amata e odiata perché era troppo, arriva all’inizio in modo affascinante ma poi sovrasta le sue capacità d’ascolto.

 

 

  • … a ben vedere non è la prima volta che ha preso a soggetto la Callas: nello scorso Ottobre, di fatti, è stato pubblicato il Suo libro dal titolo “ Una Callas dimenticata”, edito da Franco Cosimo Panini: di cosa tratta il Suo libro?

È la storia di Maria Callas: è soprattutto la storia d’amore e degli amori della Callas. Ovviamente  intendo i due principali amori della Divina, Tita Meneghini e Aristotele Onassis, ma il perno è soprattutto la vicenda del magnate ed armatore greco Onassis. Il passaggio fondamentale è quello in cui il marito di Maria Callas, Meneghini, e l’affascinante e seduttore Aristotele Onassis dialogano in questo viaggio offerto da quest’ultimo sul panfilo Christina alla coppia Meneghini-Callas. Tita Meneghini guarda Onassis e si rende tragicamente conto che sta perdendo sua moglie Maria perché il fascino che ha su di lei Aristotele è incredibile, ed è un fascino legato al fatto che lui ha quasi accettato una sfida, ovvero quella di far cadere innamorata di lui la Callas; e Tita, che è stato sempre un uomo che amato la Callas sia come donna e sia come artista, lì si rende conto di avere contro un gigante, ma un gigante che non ama la Callas ma che ama la Divina, ama il personaggio Callas, di certo il personaggio più chiacchierato del momento. C’è un passaggio importantissimo e straordinario, che ci viene consegnato anche dalle cronache,in cui Onassis dice al marito della Callas: “ Se un giorno Maria sarà al mio fianco io riuscirò a non farla più cantare” e Tita, che ama Maria più di ogni altra cosa ma che si è reso conto di aver già perso irrimediabilmente la donna e l’amore della sua vita, risponde dicendo: “ Se tu questa donna non la farai più cantare morirà”. A ben vedere questi due uomini discutono del destino di un’artista unica ma anche di una donna che ha sempre sofferto nella sua vita, di una donna che ha avuto alle spalle un’esistenza del tutto travagliata e che riesce ad arrivare al successo dopo un lungo e faticosissimo percorso nel quale le viene riconosciuta una grande dote ma che non viene apprezzata sin da subito. E quel marito affranto, nonostante si renda conto di perderla sotto il punto di vista sentimentale, arriva a dire la cosa che lui ha capito della sua donna, ovvero che senza il canto Maria Callas è finita. È un’opera, questa, che serve a mettere a fuoco le difficoltà che ha avuto la Callas per diventare la Divina che noi tutti conosciamo ed oggi apprezziamo; è un’opera che ci racconta di come sia difficilissimo nel nostro paese potersi affermare quale personaggio geniale. È il dialogo tra Tita Meneghini e Aristotele Onassis, ed è un dialogo, anche, di grande attualità: l’uomo danaroso che può comprare tutto, persino la Divina Callas; e Maria si lascerà prendere totalmente da questo uomo credendo ciecamente nei suoi sentimenti ma in realtà verrà per l’ennesima volta ingannata ed utilizzata in modo spregiudicato quale  mero oggetto di conquista, quasi fosse un trofeo da collezione. Si mette così in atto un duplice tradimento: personale ed umano allo stesso tempo.

Dario Fo

  • Lei, Maestro, è credente? Qual è il Suo rapporto con la Fede?

Io non sono credente: sono ateo e non credo nella resurrezione; ciononostante sogno Franca ogni notte. La perdo, la ritrovo, la vedo che sorride… lei vive ancora; perlomeno nei miei sogni. Io mi definisco un ateo storico ma sento che c’è nella natura una religiosità, un qualcosa di magico, situazioni che mi ricordano con passione tempi andati e personaggi che sono nell’aldilà. Io per conto mio rispetto molto la religiosità popolare legata ad antiche credenze e che è parte fondamentale di una cultura

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  • Il 13 Maggio al Teatro del Popolo di Gallarate è stato presentato il Suo ultimo libro intitolato “ Un uomo bruciato vivo- storia di Ion Cazacu” che, basandosi su un fatto realmente accaduto, tratteggia una storia di crimine e di illegalità: qual è il messaggio che Lei, Maestro, ha voluto trasmettere al lettore?

Soprattutto l’informazione: la gente si dimentica troppo facilmente ed in fretta anche, e questo a causa dei mass media. È un libro-denuncia, scritto con Florina Cazacu, rimasta orfana di padre nel 2000, che tratta di una storia vera che trae linfa da un tema molto scottante e del tutto attuale, ossia lo sfruttamento clandestino in Italia: non bisogna dimenticarsi che se da una parte facciamo nostra la legge che vieta il lavoro clandestino dall’altra noi di questa infamità vergognosa, spettatori spesso indifferenti, siamo del tutto colpevoli. È gente che viene sfruttata in modo brutale e senza scrupolo solo per il fatto che non possa farsi forza ricorrendo ad una legge che li tuteli; pertanto l’illegittimità diventa il mezzo adottato dal datore di lavoro che trae vantaggio dal lavoro nero per poi mandare al rogo e bruciare tutti questi uomini considerati indegni. E il proprietario della impresa edile Gallarate ,in Lombardia, Cosimo Iannece,bruciatore di Ion, piastrellista romeno morto nel 2000 per il semplice fatto di pretendere il suo stipendio a fine mese per il lavoro svolto, avrà modo di circolare completamente libero e senza seccature di alcun genere nella  giungla dell’edilizia lombarda fatta di soprusi, ingiustizia e mafia, per ben 10 anni prima che la legge avrà fatto il suo corso.

 

  • Ci descrivaSuo figlio: Jacopo Fo…

Beh, credo che Jacopo sia stato un po’ come tutti i ragazzi della sua età: un ragazzo che cercava di andare oltre il modo di pensare dei propri genitori. È stato anche un ragazzo che ha dato adito a scontri ovvero mi riferisco al fatto che si è trovato all’interno di un gruppo di amici le cui intenzioni poi si è scoperto andassero oltre il rivoluzionario, al limite dell’atto criminale; fortunatamente, però, Jacopo ha saputo venirne fuori giusto in tempo.

Adam Rizzi

 

Salone del Libro, Dario Fo