Annalisa Balloi: lo studio dei batteri per il biorestauro e la tutela delle api

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Annalisa Balloi microbiologa e imprenditrice di Sarule, fin da piccola è rimasta affascinata da tutto ciò che riguardava le scienze naturali. Iscritta alla facoltà di biologia all’ Università degli Studi di Cagliari,  ha poi approfondito molti aspetti della biologia: dalla fisiologia degli insetti ai problemi legati alla desertificazione in ambiente mediterraneo. Dal 2006 al 2009 ha seguito un dottorato in bitecnologie microbiche alla Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano. E’ stata coinvolta in numerosi progetti di ricerca sia applicata sia di base e ha compreso  come la gestione della risorsa microbica possa essere utile per conoscere e migliorare molti aspetti delle attività umane. Uno studio che l’ha appassionata sempre di più tanto da creare una sua Start up Micro4yoU.  Una realtà  imprenditoriale e di ricerca nata per favorire lo sviluppo di nuove imprese ad alto tasso di innovazione ed elaborare “green technologies” a base microbica destinate ai settori agro-alimentare e ambientale. Negli anni di studio Annalisa ha brevettato un procedimento per il biorestauro attraverso l’impiego di microrganismi e un prodotto microbico per api in grado di proteggere questi insetti, la cui salute è importante per l’ecosistema del pianeta, da patologie batteriche aumentando le loro difese immunitarie e contrastando il bacillo della peste americana. Un progetto innovativo e coraggioso che ha fatto vincere ad Annalisa nel 2011 il prestigioso  premio Gaetano Marzotto,  250 mila euro per la sua idea, primo passo per concretizzare il  suo progetto.

Rivista Donna l’ha incontrata per voi…

Annalisa, laureata in scienze biologiche, microbiologia. Di cosa si occupa un microbiologo?

La microbiologia è una parte della biologia che studia la struttura e le funzioni dei micro-organismi, cioè di tutti quegli organismi viventi della grandezza del micron, unità di misura che si utilizza per esprimere dimensioni molto piccole. Infatti, un micron è uguale alla millesima parte del millimetro. Pertanto, oggetto di studio dei microbiologi sono i batteri, alcuni tipi di funghi come i lieviti e alghe unicellulari le cui dimensioni varino da 0,1 a qualche centinaio micron.

Come è nata la passione per la microbiologia?

Fin da piccola ero affascinata da tutto ciò che riguardava le Scienze Naturali. Dopo gli studi superiori mi sono iscritta alla facoltà di Biologia dell’Università degli Studi di Cagliari proprio perché volevo capire i meccanismi che guidano i processi naturali.

Dopo la laurea, avvenuta nel 2002, mi sono occupata di diversi aspetti della biologia: dalla fisiologia degli insetti ai problemi legati alla desertificazione in ambiente mediterraneo. Dal 2006 al 2009 ho seguito un dottorato in bitecnologie microbiche alla Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano. Durante questo periodo sono stata coinvolta in diversi progetti di ricerca sia applicata sia di base, che mi hanno fatto capire come la gestione della risorsa microbica possa essere utile per conoscere e migliorare molti aspetti delle attività umane. E’ da allora che mi sono appassionata alla microbiologia.

Dalla Sardegna a Milano. Come mai questa scelta?

In realtà prima di approdare a Milano ho avuto diverse esperienze lavorative fuori dalla Sardegna. Il mio “peregrinare” non deriva da un desiderio di allontanarmi dalla mia Terra, ma da quello di crearmi una professionalità sfruttando al massimo le possibilità che mi si propongono.

Batteri e funghi sono presenti nel nostro pianeta e nel nostro corpo. Quale è la loro funzione?

I microrganismi sono gli organismi più abbondanti sul nostro Pianeta, sono i primi ad averla abitata (i fossili più antichi risalgono a 3.5 miliardi di anni) e per circa due miliardi di anni furono anche gli unici. Il loro ruolo è essenziale per tutti i cicli biogeochimici, tant’è che senza di loro non ci potrebbero essere le condizioni per la vita così come noi la conosciamo.

I microrganismi, grazie alla loro versatilità, hanno colonizzato ogni angolo del nostro Pianeta (dalle profondità degli abissi ai deserti più caldi) e anche l’interno di organismi superiori come piante e animali, uomo compreso. Quest’ultimo tipo di microrganismi vengono detti simbionti (dal greco sin = insieme e bios = vita) proprio perché vivono in armonia con l’organismo che li ospita. Solo per fare un esempio l’intestino umano ospita circa 200gr di cellule microbiche alla concentrazione di mille miliardi di cellule/gr. Se si pensa che questo numero è circa 10 volte superiore alle cellule umane che costituiscono il corpo di un uomo adulto, a buon diritto possiamo pensare a noi stessi non solo come a un singolo individuo ma come un vero e proprio ecosistema cioè un insieme di organismi che interagiscono tra loro e con l’ambiente che li circonda. Inoltre senza questi piccolissimi ospiti noi non potremmo svolgere alcune funzioni vitali come per esempio la digestione.

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Batteri buoni e cattivi. Come si distinguono e riconoscono?

In realtà non esistono batteri buoni o cattivi. In Natura tutti gli organismi, compresi i batteri, hanno un ruolo che garantisce l’equilibrio degli ecosistemi. Siamo noi a dar loro una connotazione positiva o negativa in relazione all’impatto che hanno sulla nostra salute e/o sulle nostre attività.

Faccio un esempio: uno dei problemi principali nella conservazione di documenti cartacei è il deterioramento ad opera di microrganismi cellulosolitici: microrganismi in grado di degradare la cellulosa, il principale materiale di cui è fatta la carta. In questo caso i microrganismi cellulosolitici possono essere definiti “cattivi” perché compromettono qualcosa che noi vogliamo preservare nel tempo. Di contro, gli stessi microrganismi cellulosolitici possono essere molto utili quando vogliamo fermentare biomasse ricche di callulosa, come ad esempio il mais o gli sfalci del verde urbano, per produrre biogas ed energia. In questo caso definiamo gli stessi batteri “buoni”.

Con il tuo Team stai studiando i microrganismi delle api. Spiegaci meglio…

Tempo prima che cominciassi il dottorato, il gruppo di ricerca al quale afferivo, guidato dal Prof. Daniele Daffonchio, aveva avviato uno studio sui batteri simbionti dell’ape, cioè su quei batteri che albergano l’intestino di quest’insetto regolandone diversi aspetti della loro fisiologia. Il motivo che ha spinto il Prof. Daffonchio ad avviare questo filone di ricerca, sta nel fatto che da circa una quindicina d’anni in Italia e nel mondo, a causa di diversi fattori fra cui patologie batteriche e virali, si continua ad avere un’ingente moria di api. Questo determina enormi danni economici sia nel settore apistico sia, più in generale, nel comparto agroalimentare. Dopo diversi anni di ricerca il risultato al quale siamo arrivati è stato l’individuazione di un mix di batteri, già presenti nell’intestino dell’ape che, se somministrati nelle giuste proporzioni e quantità, agisce con un effetto probiotico, proteggendo tali insetti, e soprattutto le larve, da patologie batteriche migliorando così la resa dell’alveare. Visti gli interessanti risultati, con alcuni colleghi abbiamo sentito la necessità di non confinare i risultati scientifici all’ambito accademico ma renderli usufruibili a chi ne ha maggiormente bisogno. Per questo motivo abbiamo fondato lo spin-off Micro4yoU, con l’intento di arrivare quanto prima ad un prodotto commerciale (Micro4Bee) disponibile a tutti gli apicultori.

I batteri possono essere molto importanti anche nel restauro. In che modo?

Un altro settore di nostro interesse, ormai cavallo di battaglia di Micro4yoU, è legato all’uso di batteri come agenti di restauro per i beni culturali. Questa tecnica innovativa, conosciuta con il nome di Biorestauro, è stata introdotta in Italia per la prima volta a partire dagli anni Ottanta. In questo caso i batteri sono utilizzati come agenti di biopulitura. Un esempio sono i batteri solfato riduttori capaci di rimuovere da statue e monumenti le alterazioni causate dallo smog (croste nere di natura solfatica) andando ad utilizzare per il loro metabolismo la componente solfatica delle alterazioni. In particolare, questi batteri utilizzano i solfati per respirare, allo stesso modo di come noi utilizziamo l’ossigeno, destrutturando la crosta nera che successivamente può essere asportata con acqua e una blanda azione meccanica (es.: con l’uso di uno spazzolino) riportando alla luce la naturale bellezza del substrato. Il tutto viene fatto sfruttando un processo che spontaneamente avviene in natura, senza ricorrere a trattamenti meccanici o chimici molto impattanti sull’opera, sull’operatore e sull’ambiente. Micro4yoU ha ottimizzato questo metodo realizzando un prodotto commerciale chiamato Micro4Art-solfati

Grazie a un progetto di restauro dei monumenti eco – sostenibile hai vinto la prima edizione del premio Gaetano Marzotto. Raccontaci questa esperienza…

Vincere il premio Marzotto è stato per me e il team di Micro4yoU un vero e proprio trampolino di lancio, non solo per l’aspetto economico (250.000€ sono state una boccata d’ossigeno per acquistare strumentazioni, pagare fornitori e stipendi) e la visibilità ma anche per il fatto che questa e iniziative simili, sono un esempio concreto di coraggio e speranza. Sapere che oggi, in Italia, ci sono persone che dimostrano con i fatti di credere nel valore dell’innovazione, da speranza a chi come me vuol creare il proprio futuro puntando sulle proprie competenze e sullo spirito imprenditoriale.

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Quale è la soddisfazione più grande del tuo lavoro?

La soddisfazione più grande è impiegare le mie conoscenze, creatività ed entusiasmo per realizzare prodotti innovativi, utili per l’uomo e per l’ambiente.

La maggiore difficoltà?

Trovare le risorse economiche per mandare avanti i progetti di Micro4yoU.

Il mondo della scienza è sempre più al femminile. Cosa pensi di ciò?

Il rapporto donna-scienza purtroppo è stato minato da tanti pregiudizi che descrivono le donne più portate per le discipline umanistiche e poco inclini al lavoro in team. Tuttavia, malgrado le difficoltà, non sono poche le scienziate che nel corso dei secoli hanno contribuito allo sviluppo della Scienza. Oggi, grazie anche al loro esempio, questi pregiudizi si stanno sgretolando e cresce sempre di più, almeno nei paesi sviluppati, il numero di donne che riescono ad affermarsi in settori ritenuti appannaggio maschile come ad esempio l’ingegneria, riuscendo a ricoprire ruoli di primo livello. Questo fatto sta ad indicare come i diversi traguardi raggiunti da uomini e donne non siano dovuti a differenze di genere ma all’inadeguatezza della società nel non saper valorizzare l’ingegno femminile.

Le tue scoperte possono essere utili anche in altri settori delle ricerca?

Quello che io e i miei colleghi facciamo in Micro4yoU è sviluppare prodotti a base di microrganismi “buoni” capaci di contribuire a diverse attività dell’uomo. Oltre a sviluppare formulati microbici per il restauro dei beni culturali e per la protezione degli insetti impollinatori, stiamo lavorando a prodotti in grado di stimolare la crescita delle piante anche in carenza d’acqua e a formulati microbici per migliorare la produzione di metano a partire da diverse biomasse.

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Un consiglio a chi vuole intraprendere il tuo lavoro?

Fare ricerca scientifica dà molte soddisfazioni ma richiede dedizione: anni di duro lavoro, in Italia mal pagato, e spesso la bravura non è sufficiente per far carriera all’interno di Università o Centri di Ricerca. Diverso è lavorare per laboratori privati, dove i fondi a disposizione sono maggiori, ma la cui presenza sul territorio nazionale è minore rispetto agli altri Paesi europei. Chi come me ha deciso di mettersi in proprio, tentando la strada del ricercatore indipendente, somma alle difficoltà di fare ricerca quelle di fare impresa.

Pertanto, il mio consiglio, non solo per chi vuole fare il ricercatore scientifico ma in generale per chi oggi sta mettendo le basi per il proprio futuro lavorativo, è quello di non pensare alle difficoltà, di interrogarsi seriamente per capire quali sono le proprie aspirazioni e di inseguirle con tenacia. I risultati arriveranno.

Inoltre per chi ha deciso di frequentare l’Università è un must quello di confrontarsi quanto prima con Atenei diversi da quelli d’origine, possibilmente svolgendo la tesi all’estero per mettersi alla prova e prepararsi ad un confronto internazionale.

Un progetto da realizzare?

Un piccolo sogno nel cassetto è quello di realizzare delle attività di divulgazione scientifica per i più piccoli, al fine di stimolare la loro curiosità per l’innovazione e la Scienza.