Ti salverò io!!!

 

“Il bisogno d’amore ed attenzioni spesso trasforma quella storia d’amore in una disperata rincorsa ossessiva”. Questa dinamica può portare addirittura a diventare delle soccorritrici in chi non si ama abbastanza. Sintomo di una profonda insicurezza e difficoltà a volersi bene. Quello che si crede amore, da un sogno meraviglioso, può diventare un incubo “morboso”.

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Sentire che lui è l’uomo giusto, che l’emozione provata non può essere sbagliata, mettere i suoi bisogni anche prima della propria persona pur sapendo che ha tanti aspetti da correggere, ma per fortuna ha il tuo amore e ci penserai tu ad aiutarlo ad essere l’uomo perfetto…Però un giorno ti abbandonerà, sola come un cane randagio ti chiederai “Dopo tutto quello che ho fatto per lui come è possibile? Io l’amavo anche più di me stessa e mi ha mollato! Perché?”.

 

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Immagine tratta dal film “Misery non deve morire”

 

Perché quell’uomo era solo uno strumento, lo strumento per riconoscerti donna come non ti senti. Ricoprirlo di attenzioni, giustificare le sue mancanze, addossarsi colpe non proprie, posizionarlo su un piedistallo, soccorso sempre e comunque di fronte a tutto e tutti perchè quel partner problematico, misterioso, inafferrabile rappresenta la sfida. Vincere quella missione significa colmare quel vuoto d’amore che ti porti appresso, certificherebbe il tuo sentirti amabile come non ti sei mai sentita. Conosci solo quel tipo d’amore condizionato “ Se sei brava avrai amore, se fai così avrai attenzioni e considerazioni “ . Non sei abituata ad amarti, non sai cosa vuol dire conoscerti e dai all’altro solo il nutrimento amoroso che conosci: dare per ricevere.

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Proteggi quel rapporto perchè in realtà prendendoti cura di quell’uomo che sai sbagliato, se lo salvi, salvi quella bambina che ha sofferto e soffre ancora. Portare a compito quella missione ti darà quell’amore negato in infanzia “Io ti salverò, farò tutto il necessario, sarò indispensabile ed in cambio, tu riconoscente, mi donerai il tuo amore”. Ecco perchè si giustifica ogni aspetto, qualunque reazione fuori luogo, ogni mancanza di rispetto, lo si fa per non rimanere sole, quel rifiuto non solo farebbe sentire brutte o poco desiderate, ma non farebbe sentire donne, non c’è nessuna base interiore per poterlo dire a se stesse e lo si riconosce unicamente nel giudizio e nel pensiero dell’altro. Chi deve essere “salvato” si gioverà di quella situazione finché non ritroverà il proprio equilibrio, ma poi quella donna salvatrice potrà e dovrà essere buttata nella spazzatura in quanto ostacolo per la propria autonomia. Lei si identifica in lui, in ciò che fa, che pensa, appena non serve più è una zavorra esistenziale da disfarsene al più presto. Il risultato è che una donna dopo una relazione del genere si sentirà sempre meno amabile, d’altronde come potrebbe meritare un uomo di valore se non è riuscita a tenersi stretto un misero ed inadeguato come quello che l’ha mollata? Il rischio è di entrare in un circolo vizioso in cui sceglierà uomini sempre più penosi per riscattarsi. Solo riconoscendo le cause di quelle scelte potrà provare a scoprirsi, a conoscersi, a capire i propri reali bisogni – anche incominciando dalle più piccole cose – e se farà quel percorso imparerà pian piano ad amarsi senza elemosinare briciole d’affetto per colmare vuoti affettivi che deve soprattutto riempire lei. D’altronde, siamo noi a dare luminosità alla nostra luce, gli altri possono aggiungere quel pizzico di intensità che rende speciale un rapporto, ma l’interuttore esistenziale della nostra unicità, che è la vera bellezza di un essere umano, dipende unicamente da noi.

Riccardo Barlucchi

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Immagine tratta dal film “Misery non deve morire”