Donna: il mio diritto di ‘pensare’ è diritto d’esistere.
Mi è spesso capitato di sentire queste parole “non mi è concesso parlare e le poche volte che ho provato ad esprimermi sono stata zittita o derisa … e richiamata all’ordine da mio marito che mi invitava a continuare a lavare i piatti e a non dire sciocchezze … ecco le mie parole erano qualificate così: ‘sciocchezze’, oggetto di scherno e derisione”.
Queste non sono parole tratte da una scena di un film; queste sono alcune delle parole che ad un legale vengono riferite quando una donna decide di rivelare quel ruolo reale che svolge all’interno delle mura domestiche.
La libertà di circolazione delle proprie idee è fondamento di conoscenza e, al contempo, di emancipazione. Precludere tale libertà comporta inevitabilmente la lesione della propria dignità di essere umano.
Se, ancor più, questa lesione viene subita dalla donna e inferta da parte di chi nei suoi confronti ha giurato amore eterno, tutto ciò assume un rilievo dotato di una maggiore significatività sociale prima ancora che giuridica.
Impedire ed ostacolare la libertà di esprimere il proprio pensiero può ben ritenersi, ad avviso di chi scrive, una forma di violenza di carattere non fisico ma certamente di carattere psicologico e morale.
Ancora una volta vengono in soccorso le norme che debbono, a mio modesto avviso, trovare spazio anche in questa Rivista perché non rimanga prerogativa di pochi la conoscenza delle stesse disposizioni normative ma ne sia diffuso, mediante adeguati canali, il contenuto al fine d’essere accessibili anche a chi non a ché fare quotidianamente con le norme ma sappia, al contempo, che esse esistono e necessitano d’essere efficacemente applicate.
Ciò non rimanga soltanto ‘forma’ o affermazione di principio ma si traduca in sostanza ed effettività di tutela. A titolo semplificativo, richiamo la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo nella parte in ci si afferma all’articolo 18 che: «Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo […]»; richiamo la Costituzione della Repubblica Italiana, all’articolo 21, ove recita: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.», richiamo, infine, la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che recita all’art. 9: «Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione: tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo e la libertà di manifestare individualmente o collettivamente, sia in pubblico che in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti».
Certo è che fare emergere questioni come questa che poc’anzi è stata posta in risalto potrà consentire a chiunque ritenesse di vivere in un simile stato di soggezione e di compromissione della propria libertà di pensiero di poter far valere i propri diritti nelle sedi a ciò preposte ricercando il coraggio di denunciarli e di ottenere il riconoscimento di una dignità troppe volte negata.