La donna: diritti… Senza pregiudizi.

Nel presente contributo intendo soffermarmi sul rapporto tra la figura della donna ed un diritto riconosciuto, prima ancora che dalla Costituzione Italiana, dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo: il diritto allo studio.

Potrebbe apparire superflua tale riflessione – e non escludo che lo sia –; pur tuttavia, ritengo si debba comunque spendere qualche parola a riguardo.

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L’art. 26 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo stabilisce: “Ogni individuo ha diritto all’istruzione”.

Ebbene, se ci si soffermasse su tale disposizione normativa, ad oggi, nessuno obietterebbe che – almeno per quanto riguardo l’Italia – isolando volutamente l’ambito di studio a questa area geografica – di tale diritto inviolabile godono sia gli individui di sesso maschile sia gli individui di sesso femminile.

È pur vero che aleggia un certo, talvolta non velato, ‘grave’ pregiudizio in ordine non tanto al diritto allo studio di per se stesso considerato quanto alle potenzialità di successo di un individuo di sesso femminile nella qualsivoglia carriera si intenda intraprendere.

Accanto al diritto allo studio, come suo diretto ed immediato corollario, vi è il diritto alla progressione nella carriera professionale al fine della costruzione di una futura indipendenza ed autonomia dalla figura maschile.

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Parlavo di ‘pregiudizio’…a che cosa mi riferivo? Il pregiudizio, ahimè spesso radicato nella mente di alcuni uomini – e, come vedremo, non solo -, consistente nel pensare – ammesso che possa qualificarsi come pensiero – che se una donna raggiunge certe posizioni professionali non sia stato il merito ad averla premiata ma qualche altra capacità alludendo evidentemente a sgradevoli considerazioni di naturale sessuale.

Ciò che mi ha indotto a scrivere a riguardo è stata una infelice battuta – ahimè non raramente pronunciata – rivolta da una donna nei confronti di un’altra donna avente ad oggetto le sgradevoli considerazioni alle quali poc’anzi ho fatto riferimento.

Occorre, dunque, eliminare i pregiudizi che costituiscono fonte di discriminazione.

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È la discriminazione che determina la sostanziale disuguaglianza sociale. La discriminazione – peraltro, basata sul genere – non deve essere radicata in qualsivoglia ragionamento in quanto ne inficia e ne altera – e non poco – le conseguenti conclusioni.

Ogni ragionamento ed ogni pensiero deve avere alla base un azzeramento dei pregiudizi che non debbono, dunque, in alcun modo, esistere. La loro esistenza, infatti, pregiudica ogni successivo sviluppo logico o illogico di qualsiasi riflessione si intenda intraprendere.

Si badi, il pregiudizio non ha sesso, non ha colore e non ha alcuna ragione di esistere.

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Avv. Roberto Pusceddu