Donne e diritto allo studio: una vera ‘lotta intellettuale’

Nel presente contributo mi soffermerò in maniera succinta sul rapporto tra donne e il diritto allo studio.

Garantire il diritto allo studio, quale diritto fondamentale costituzionalmente riconosciuto, è certamente una conquista frutto di una lenta, graduale e faticosa affermazione dell’autonomia e dell’autodeterminazione della figura femminile.

Quando utilizzo il termine ‘studio’, intendo richiamare una serie di concetti intimamente connessi: l’istruzione, la formazione, l’educazione, l’edificazione del sapere e l’affermazione di libertà.

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Tale diritto, senza ricadere nella banale ovvietà e senza, al contempo, trascurare l’indispensabilità dello stesso, deve essere riconosciuto ed effettivamente garantito sin dall’infanzia, momento genetico di formazione.

È ancora radicata in molte regioni, infatti, nonostante l’indubbia evoluzione di carattere generale, la convinzione, figlia di una triste chiusura mentale, che le ragazze non debbano frequentare la scuola perché sono tenute ad aiutare le madri nei lavori domestici oppure hanno già dei figli da accudire, per cui deve essere loro preclusa ogni aspirazione di carattere formativo.

Se le donne sono istruite e godono di un effettivo diritto allo studio rischiano in misura minore di essere escluse dalla società e sono in grado di prendersi cura di se stesse e dei propri figli. Per questo, è necessario intervenire per garantire, sin dall’infanzia, il diritto allo studio delle bambine, future donne. 

Garantire il diritto allo studio alle bambine comporta inevitabilmente ridurre il divario di genere e raggiungere l’auspicata indipendenza e conquistare l’indispensabile libertà di pensiero.

Sul piano pratico, con azioni concrete occorre incentivare e facilitare la partecipazione scolastica delle ragazze, sin dalla scuola primaria, percorrendo la via, in questo senso, della ‘lotta intellettuale’ contro lo scoraggiante fenomeno dell’abbandono scolastico.

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Avv. Roberto Pusceddu