Donna e libertà religiosa

La libertà religiosa è una delle libertà fondamentali più frequentemente oggetto di dibattito quando ad essere coinvolti sono diritti civili e politici; d’altra parte, anche una di quelle più frequentemente violate

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Essa trova il suo fondamento nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che afferma: Articolo 18: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti”. La medesima disposizione normativa, contenuta nell’articolo 18 del Patto sui Diritti Civili e Politici, ha formato oggetto di un lungo commento del Comitato diritti umani, nella sua Raccomandazione generale 28 sull’eguaglianza fra i sessi.

Gli Stati parte devono adottare misure per assicurare che la libertà di pensiero, di coscienza e di religione, e la libertà di adottare la religione di propria scelta – compresa la libertà di cambiare religione o credo e di esprimere la propria religione o credo – siano garantite e tutelate di diritto e di fatto, sia per gli uomini e che per le donne, alle stesse condizioni e senza discriminazione alcuna.

Queste libertà non devono essere sottoposte ad alcuna restrizione al di fuori di quelle indicate dal Patto stesso, né possono subire vincoli quali quelli rappresentati da norme che richiedano l’autorizzazione di soggetti terzi, o dall’interferenza di padri, mariti, fratelli, o altri.

L’articolo 18 non può essere invocato per giustificare la discriminazione contro le donne in nome della libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Gli Stati parte devono fornire informazioni sulla condizione delle donne in materia di libertà di pensiero, di coscienza e di religione, e indicare quali passi sono stati compiuti o si intenda compiere sia per eliminare e prevenire le violazioni di tali libertà per ciò che riguarda le donne, sia per tutelare i diritti di queste ultime da ogni discriminazione.

Possono costituire violazioni dell’articolo 18 anche le norme che impongono alle donne un determinato tipo di abbigliamento da indossare in pubblico, quando alle donne vengano imposte costrizioni in materia di abbigliamento che contraddicono la loro religione o la loro libertà di espressione.

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Avv. Roberto Pusceddu