COME SUPERARE LA PAURA DEL GIUDIZIO, CE LO SPIEGA IL DOTTOR NELLO DI MICCO

Spesso ospite di trasmissioni televisive e radiofoniche e curatore di rubriche su riviste nazionali come esperto su temi di psicologia, il Dottor Nello di Micco ci parla della paura del giudizio che di frequente condiziona le nostre vite e le nostre scelte.

Dottore, da dove si origina la paura del giudizio altrui?
Ogni essere umano ha il bisogno di essere accettato, riconosciuto e amato, inoltre ciascuno di noi è il risultato di tante interazioni familiari, sociali, contestuali. Chi presenta la paura di essere giudicato spesso è una persona che ha vissuto delle esperienze che hanno lasciato una crepa emotiva, così si sente sempre “di meno” rispetto agli altri. Per esempio, una donna che è stata abitualmente denigrata da un uomo si sentirà giudicata ogni qualvolta intraprenda una relazione sentimentale, compia una decisione.
Ci sono ambiti specifici in cui si manifesta come, ad esempio, dover parlare in pubblico, sostenere un esame, o può succedere anche in circostanze diverse?
La paura del giudizio, oltre a manifestarsi in diversi contesti quale quello relazionale, quello sociale, si manifesta spesso verso se stessi. Le persone che hanno paura di essere giudicate si autopercepiscono come persone inferiori. Pertanto, la paura del giudizio è l’effetto che appare, quello più visibile, ma in realtà ci sono delle dinamiche legate alla considerazione e perfezione che la persona ha di sé e su di sé che non possono essere spiegate in poche righe.
Potremmo dire che esiste un’ansia da prestazione e una da interazione?
Certo, diciamo che viaggiano sullo stesso binario e si manifestano contemporaneamente procurando un vero e proprio disagio soggettivo spesso accompagnato ad altri sintomi corporei.
Quali sono le convinzioni, le paure e i comportamenti di chi ne soffre?
Ogni soggetto ha le proprie convinzioni dettate dai vissuti personali ed esperienze pregresse: un esempio di pensieri innescati dalla paura del giudizio può essere “cosa penserà di me il mio fidanzato, oppure non ho le capacità e competenze per questo lavoro specifico chissà cosa mi diranno, o non sono preparata al 100% a questo esame, non mi presento perché altrimenti verrò bocciata.
Perché alcune persone si sentono tirate in causa e colpevolizzate anche quando il giudizio non le riguarda? Forse perché si sovradimensionano nelle menti degli altri o, al contrario, perché non si percepiscono adeguate e possiedono una bassa autostima?
Rispondere a questa domanda è complicato perché dovrei parlare di diversi processi psichici che innescano delle reazioni, ma ci provo ugualmente. Diciamo che le persone che si sentono inadeguate hanno una storia di vita un po’ particolare, spesso durante la loro infanzia non sono state riconosciute emotivamente, per usare delle parole più semplici: sono state sempre messe da parte, non hanno avuto mai un posto.
La paura del giudizio è sinonimo di timidezza?
No, la timidezza ė un tratto che può essere presente in ciascuno di noi, mentre la paura del giudizio è un qualcosa di più strutturato.
Dovremmo tollerare di più la dimensione umana del provare vergogna?
La vergogna è presente in ciascuno di noi, si ha vergogna di un qualcosa che non è socialmente accettato, lo sguardo dell’altro è sempre un qualcosa che ci interroga.
Inoltre, si dovrebbe mettere in conto il rischio di fallire senza rifiutare questa ipotesi?
Dal mio punto di vista non esistono fallimenti, ma semplicemente esperienze, esperienze che sono necessarie perché ci aiutano a spostare l’attenzione su ciò che dovremmo migliorare. Le cadute nella nostra vita sono utili perché ci permettono di metterci in discussione, ci rafforzano.
L’evitamento delle situazioni come risposta all’ansia sono soluzioni al problema o finiscono per ingigantirlo?
L’evitamento è una difesa che la persona mette in atto cercando di fronteggiare temporaneamente il problema, ma non serve a risolverlo perché se non vado a lavorare sulle interferenze emotive che mi fanno stare male, il problema rimarrà sempre lì.
Quali sono le strategie per fare delle critiche ricevute qualcosa di costruttivo?
Premetto che le critiche sono costruttive quando sono argomentate, mentre quando siamo di fronte a critiche inappropriate, fuori luogo, non dobbiamo dar loro peso semplicemente non dando significato emotivo alle parole che ci vengono dette, perché ognuno è libero di dire quello che meglio crede.
Quando chiedere un aiuto professionale?
L’aiuto va chiesto quando la persona ha delle difficoltà emotive che ne condizionano la quotidianità. Chiedere aiuto è una forma di amore verso se stessi, nessuno ha il dovere di stare male.
Infine, la scuola può aiutarci a formare persone non paralizzate dalla paura del giudizio e capaci di incassare anche eventuali insuccessi con la giusta resilienza?
La scuola è un attore importantissimo perché ci permette di sviluppare un pensiero critico, ci fa crescere come persone. Concludo con una bellissima frase di E. Roosevelt: “Niente e nessuno può farti sentire inferiore, a meno che tu non glielo consenta”.

Di Francesca Ghezzani