Intervista Gianluca Piredda: Il Fumetto Dalla Sardegna Sbarca Negli Stati Uniti

Era il 1991 quando un giovane aspirante autore sassarese faceva la sua prima comparsa nelle edicole italiane. Oggi Gianluca Piredda di anni ne ha 45 (15, al suo esordio) e può ben dire di aver vissuto una vita nell’editoria. Traduttore, giornalista di testate nazionali e internazionali, direttore di riviste anche importanti, producer radiofonico e televisivo, speaker, scrittore di saggi, romanzi e persino di un libro di cucina (Sardegna in Cucina, Iacobelli Editore), ma soprattutto autore di fumetti, media che gli ha dato una popolarità mondiale (nel corso degli anni le sue storie sono state distribuite in più di venti paesi del mondo) e sua grande passione di sempre. Dopo anni sul mercato statunitense, dal 2015 la sua “casa” è l’Editoriale Aurea (e casa è la parola giusta, visto il tono e l’orgoglio con cui ne parla), per cui ha creato Dracula in the west (pubblicata sul settimanale Lanciostory – le nuove avventure a partire dal numero di lunedì 13 settembre) e Freeman (pubblicata sul settimanale Skorpio), ed è uno degli sceneggiatori di Dago, fumetto culto creato da Robin Wood e che Gianluca ha fatto sbarcare in Sardegna nell’avventura “Il tesoro di Barbarossa” (pubblicata sul libro “La roccia, Il tesoro, L’errante, sul n. 80 della collana Dago Tuttocolore). Bello, talentuoso, a tratti timido, Gianluca ama la natura e il mare e per questo non ha mai lasciato la Sardegna. Lo abbiamo intervistato.

 

 

Gianluca Piredda

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come mai ambientare Dracula nel west?

Il western è un genere caro ai lettori italiani, così come l’horror. Quindi, quando in Aurea pensavamo a come rilanciare il mito del vampiro di Bram Stoker mi è venuto in mente che si poteva seguire quella strada. Il Vlad di Dracula in the West è un uomo sconfitto, stanco, in cerca più della tranquillità che di un riscatto. Insomma, è un rinnegato e il vecchio west è la patria perfetta per uno come lui. Con tutti i problemi che ne conseguono: deve affrontare la luce del sole, problema che gli viene risolto dalla Sciamana; deve tenere a bada i propri istinti, trovare una casa e la trova a Penny Town, una cittadina di frontiera morente e abitata da personaggi singolari. E affrontare i personaggi delle leggende dei nativi e dei Maya, come il Camazotz.

 

 

 

Un horror atipico, se vogliamo…

Sì, non ci interessava seguire alla lettera il concetto di horror, ma piuttosto volevamo creare una serie di puro intrattenimento che facesse passare del tempo al lettore e attraverso, Dracula in the west, abbiamo anche la possibilità di raccontare anche i miti indioamericani, dandogli una rilettura. Tuttavia, quello che vediamo nella serie è il Dracula “vero” e ho cercato di dare una giusta mescolanza tra le caratteristiche del Vlad storico e di quello letterario.

 

 

 

 

 

 

Per esempio?

Spesso nei western si sente apostrofare il nuovo arrivato come “straniero”, e straniero è anche un termine legato ai vampiri. Il nostro Dracula non è un conte ma un principe, come lo era quello reale, e ci sono spesso riferimenti con la vita in Valacchia. E oltre che in un pipistrello si trasforma in lupo.

 

 

 

 

Ho notato che ti piace spesso fare riferimenti storici o leggendari, nelle tue storie. Oltre che su Dracula in the west lo fai anche in Dago e in Freeman… ce ne parli?

È vero, ho una grande passione per le leggende e questa mi è stata trasmessa da mia madre. Sono stato cresciuto con i racconti dell’epica greca piuttosto che con le favole tradizionali, e se nasci e vivi in un’isola come la Sardegna le leggende e i miti entrano a far parte del tuo DNA. Attraverso le leggende spesso si può capire un popolo, se non addirittura conoscerlo.

Dago è un personaggio ambientato nel Rinascimento. È stato creato da Robin Wood nel 1980 ed è uno dei personaggi più amati in Italia e in America Latina. Quando l’editoriale Aurea ha creato la linea “a trazione italiana” lo scopo era quello di raccontare fatti realmente accaduti visti attraverso gli occhi di Dago. Così ho raccontato l’eccidio di Vieste in “Chianca Amara”, la fuga di Doňa Gracia Nasi, la congiura dei Fieschi e altre che vedremo in futuro. Per l’avventura ambientata in Sardegna ho deciso di partire da una leggenda, che era appunto quella del tesoro di Barbarossa, per arrivare a raccontare la “nascita” di Hassan Aga e la distruzione di Olmedo.

 

 

La storia, quella reale, e Dago, il personaggio letterario, sono comunque sempre andati a braccetto insieme. Robin Wood, uomo di grande cultura, ha sempre miscelato bene la fiction con la realtà e Dago è stato spesso testimone di avvenimenti realmente accaduti, come il Sacco di Roma, di cui è stato protagonista ed è una delle storie più amate dai lettori.

Con Freeman l’approccio è diverso. La serie racconta la fuga di Theo, uno schiavo accusato ingiustamente di omicidio che abbandona la tenuta in cerca della libertà. Le avventure del personaggio sono il pretesto per raccontare uno spaccato di storia americana: la vita degli schiavi, la guerra tra nord e sud, la musica dell’epoca, la rete clandestina della underground railroad e via dicendo. E spesso e volentieri compaiono personaggi realmente esistiti e ricordiamo fatti reali. Per esempio, per alcuni flashback Vincenzo Arces (il disegnatore della serie, N.d.R.) ha preso spunto da incisioni o foto d’epoca.

 

 

 

 

 

A proposito di disegnatori, una rivelazione delle nuove storie di Dracula in the west è Emiliano Albano. Come è arrivato alla serie?

Emiliano collabora con l’Editoriale Aurea dal 2014 e si è distinto per l’ottimo lavoro fatto con “A casa prima del buio”, una trilogia scritta da Francesco Moriconi che racconta la shoah, pubblicata a puntate su Lanciostory e ristampata in volumi (è appena uscito in libreria il terzo libro della serie, N.d.R.). Luca Lamberti era impegnato in altri progetti, così, una volta liberatosi Emiliano, l’editore ha pensato di proporre a lui i disegni della serie. La scelta è stata azzeccata.

 

 

Hai raccontato tante volte com’è nata la tua passione per i fumetti, ma ci puoi raccontare come, da lettore, hai conosciuto Lanciostory e Skorpio?

Considera che Lanciostory è nato nel 1975, un anno prima che nascessi io, e che Skorpio è nato nel 1977, cioè l’anno dopo in cui sono venuto al mondo. Quindi posso ben dire di conoscerle da sempre, anche perché erano due riviste molto popolari ed era facile trovarle a casa di amici e parenti, oltre che dal barbiere o in alcune sale d’attesa. Però da lettore vero e proprio le ho conosciute d’estate, durante le medie. Erano gli anni Ottanta e quello è stato un decennio particolare per il mondo del fumetto e ideale per chi lo scopriva e viveva in Sardegna. Almeno per me… Infatti, molte edicole, soprattutto nelle località di mare, non restituivano sempre le rese ed era facile trovare fumetti anche del decennio precedente, se non anche più vecchi. Molti erano sfusi, altri venivano raccolti in buste trasparenti che offrivano tre albi. Uno di questi era sempre una copia di Lanciostory o Skorpio. Quelle riviste mi colpirono perché per me erano un qualcosa di completamente nuovo. Erano oltre. Offrivano fumetti e articoli di intrattenimento che spaziavano dalla musica allo sport e grazie a quelle buste ebbi l’opportunità di trovare numeri delle primissime annate Lanciostory o Skorpio e di conoscere personaggi come Yor, Cobra, Wakantanka, l’Eternauta, Calico Jack, Larry Mannino, l’Uomo di Richmond e molti altri, oltre a Dago. Lanciostory e Skorpio sono uno dei motivi per cui faccio questo lavoro.

Un lavoro iniziato nel decennio successivo. Eri giovanissimo e ora sono trent’anni che sei nel settore. Come ricordi quegli anni?

Erano gli anni della gavetta. Ho iniziato a 15 anni, bazzicavo le redazioni dei giornali locali e spedivo le mie storie qua e là. Si accorse di me Ferruccio Alessandri, che mi diede tanti buoni consigli. Avendo iniziato giovane e in quegli anni, ho avuto la possibilità di conoscere tante leggende del mondo del fumetto che oggi non ci sono più. In quegli anni nasceva il mercato del fumetto indy italiano e da lì sono venuti fuori tanti bravi autori. Ma nel 1999 ho iniziato a lavorare esclusivamente per l’America, sino al 2015, l’anno in cui sono entrato nell’Editoriale Aurea.

A proposito della Sardegna, tu non ti sei mai trasferito. Come ti trovi a vivere sull’isola?

Per quanto la maggior parte dei miei amici viva fuori dall’Isola, la vita in Sardegna è ideale e molti miei conoscenti si trasferirebbero volentieri. Anche perché oggi il mare non rappresenta più un ostacolo come nei decenni passati. La Sardegna è al centro del mediterraneo, una posizione ideale molto meno scomoda di quanto si possa pensare. Per quanto non ami gli aerei, in quaranta minuti di volo sono a Roma, in un’ora a Milano. Insomma, meno di quanto ci metterei ad arrivare a Cagliari.

Hai detto che non ami gli aerei. Come ti sposti?

In nave. Si viaggia benissimo. Scherzo sempre sulla mia paura degli aerei, che ho preso parecchie volte, ma devo ammettere che il mio amore per il mare è tale che avrei comunque scelto quella via, per i miei spostamenti. Se parti di notte puoi dormire in cabina e arrivare riposato, fare una doccia. Se non hai sonno, hai il cinema. Ci sono dei negozi, l’edicola – e lì ho trovato alcune di quelle buste di cui parlavo prima! – il ristorante, il bar che diventa un punto d’aggregazione per i viaggiatori. Se vai in compagnia è anche divertente. E poi è bello vedere il mare alle prime ore del mattino, standoci in mezzo… e i porti, le città che si avvicinano.

Tornando agli USA, hai fatto cose importanti. Free Fall è stato definito il prototipo del thriller del 21esimo secolo, il tuo Airboy scritto con Chuck Dixon e disegnato da Ben Dunn ha fatto riaccendere l’interesse sul personaggio e la golden age americana, e lo stesso Ben Dunn ti ha scelto come autore dei testi di Warrior Nun. A proposito di questa, cosa pensi della serie TV?

Mi è piaciuta molto e prosegue laddove il fumetto si è fermato. I personaggi sono ben strutturati e tiene fede allo spirito della serie disegnata. Non vedo l’ora che arrivi la seconda stagione.

La notizia di questa estate è l’accordo tra Aurea e Antarctic Press proprio per un tuo ritorno sul mercato USA.

Ben Dunn e suo fratello Joe, l’editore dell’Antarctic Press, sono molto attenti ai mercati stranieri e sono stati i grandi promotori del manga in America. Ben, soprattutto, ha affinato quel tratto noto come “Mangamericano”, molto in uso tra le nuove generazioni di autori d’oltreoceano. L’Antarctic conosce bene Lanciostory e Ben era un fan di Yor, serie che compariva sin dal numero zero della rivista. Ha visto Dracula in the west, conosce il mio stile, e ha chiesto di essere messo in contatto con la dirigenza dell’Editoriale Aurea. Da lì è iniziato tutto…

Il mondo del fumetto mi è sempre parso un settore molto maschile, ma negli ultimi anni vedo una notevole presenza femminile. Che ne pensi?

Le donne hanno sempre avuto un ruolo fondamentale nel mercato del fumetto, sin dalla nascita del media. Il problema è che molti non lo sanno. Il fumetto italiano nasce nel 1908 grazie a Paola Lombroso Carrara, creatrice del Corriere dei Piccoli, che diresse per qualche anno. Sul finire degli anni Quaranta, Aristea Bertasi, nota come Tea Bonelli, rileva la casa editrice del marito e la rende uno dei maggiori marchi del settore. Nei primi anni Sessanta, le sorelle Angela e Luciana Giussani creano uno dei personaggi più iconici del fumetto italiano e danno il via al fumetto per adulti, dimostrando che il media non era solo per bambini. Ma potrei continuare citando Fulvia Serra, direttrice di riviste come Linus e Corto Maltese, Maria Grazia Perini, anima dell’editoria a fumetti anni Settanta e Ottanta, il cui nome è stato iscritto sul marmo del Famedio tra i personaggi illustri che con la loro opera hanno onorato l’Italia. Lina Buffolente una delle prime disegnatrici nostrane. Molti conosceranno le sue storie per Cucciolo.

Come dice Silvia Ziche (disegnatrice) in un’intervista al Messaggero, «Siamo cresciute con gli aculei ma abbiamo portato nei comics temi nuovi». Il che è vero. Le donne stanno conquistando anche nel fumetto quella visibilità che gli spetta e molte autrici realizzano storie dai contenuti importanti. Ne cito una per tutte: Josephine Yole Signorelli, meglio nota come Fumettibrutti.

Anche l’estero ha una buona rappresentanza femminile, basti pensare a Dorothy Woolfolk, editor della DC Comics ai tempi della Golden Age, o Marie Severin, la prima disegnatrice della Marvel negli anni Sessanta, sino ad arrivare a oggi con nomi come l’iranaiana Marjane Satrapi (autrice di Persepolis), l’americana Gail Simone, la britannica Rhianna Pratchett o la turca Melike Acar. E via dicendo.

Anche in Aurea c’è una grande rappresentanza femminile, a partire dalla redazione, e per Skorpio e Lanciostory lavorano dei talenti incredibili, già dagli anni Settanta. Penso per esempio a Lucia Arduini, che ha disegnato molte storie per i settimanali del gruppo. Sino ad arrivare ai giorni nostri, con le disegnatrici Silvia Marino, che disegna Dago, Simona Simone, apprezzata dai lettori per la serie Rider, Michela Cacciatore, la sceneggiatrice Federica d’Ascani e la copertinista Val Garcia Duran.