Luca Fiscariello: “I sogni dei bambini sono gratis” Un viaggio nella Napoli anni 80

Intervista a Luca Fiscariello: Un vecchio quaderno di scuola ritrovato nel corso di un trasloco diventa la chiave di accesso per un viaggio nel tempo nella Napoli degli anni ottanta. “I sogni dei bambini sono gratis” non è solo il titolo del libro, ma raccoglie in sé una verità profonda che Luca Fiscariello ci svela in questa intervista. Attraverso la sua autobiografia di una parte di vita, Luca racconta le aspettative, i dubbi e le speranze del bambino che fu e le gioie e i dolori di lasciare la propria terra, in questo caso, per la Sardegna che non ha mai più abbandonato.

1. In che periodo della tua vita hai cominciato a scrivere?

Scrivere fa parte un po’ del mio vissuto, del mio modo di essere, nel senso che io scrivevo per gli altri. Scrivevo lettere d’amore per le fidanzate degli altri o biglietti di auguri per chi me lo chiedeva. Poi qualcuno ha iniziato a dirmi: “Secondo me tu dovresti fare lo scrittore”. E allora ho cominciato a pensare che se non mi fossi misurato con gli altri non avrei mai potuto saperlo. Così ho frequentato qualche corso di scrittura e ho visto che ciò che scrivevo piaceva, perché dentro c’è l’anima. Penso che metterci l’anima sia l’unico modo per far bene le cose. Quando poi ho ritrovato il quaderno dei temi di quinta elementare e li ho riletti mi hanno fatto tanto ridere, erano carini. Qualcuno invece li ha presi sul serio, la mia editrice, e mi ha detto: “Sai che potrebbe uscire fuori un romanzo?”

2. Ci sono sempre pareri discordanti sull’utilità di frequentare o meno un corso di scrittura perché per molti scrivere nasce semplicemente dall’ispirazione del momento. Tu che ne pensi a riguardo?

Penso che il talento non sia in vendita. Altrimenti sarebbe semplice, tutti potrebbero fare un corso di scrittura, poi scrivere un libro e magari avere anche successo. E invece non funziona così perché il talento o c’è o non c’è, come in tutte le cose. Sono sicuro che ognuno di noi abbia mille talenti, si tratta solo di scoprire quali sono e non è facile. Se stai chiuso in casa non lo saprai mai. Nello specifico dei corsi di scrittura penso che siano utili per capire in quale direzione va la scrittura. Quindi è questo che ho imparato, non ho imparato il talento. Quello non so se ci sia, al di là della falsa modestia, so solo che metto l’anima in quello che faccio.

3. So che tu leggi tantissimo. Sappiamo quanto sia fondamentale leggere per uno scrittore, e non solo, ma quanto pensi che sia importante saper ascoltare?

Ritengo sia determinante. Saper ascoltare è un po’ come leggere, ti fa rendere conto di che direzione prende la vita. C’è una parte di me che è sempre stata attratta dalla strada, dalle storie delle persone comuni, in difficoltà. Noi siamo figli delle nostre sofferenze, alla fine. Alcuni pensano che la propria storia non sia importante, l’ho pensato anche io a proposito del mio romanzo, e invece le storie sono tutte interessanti. Ci cibiamo di vite spesso modeste, ma che hanno tanto da raccontare perché la vita, sì, anche quella, si fa con l’anima. Le vite sono fatte di rapporti, rapporti che spesso vengono interrotti, rapporti che portano a difficoltà e aiutano a crescere e crescere aiuta a scrivere.

4. Ti senti realizzato?

Fino a poco tempo fa no. Per meglio dire, ho fatto delle cose che mi hanno fatto sentire realizzato come, ad esempio, andare via il prima possibile da casa, a vent’anni. Ho sempre pensato che la famiglia tenda a chiuderti in una gabbia e a cambiare le tue prospettive. Per poter andare via avevo bisogno di lavorare e così mi sono avvicinato alla vita militare. Ho fatto il concorso e ho avuto la fortuna di vincerlo. Sono stato bravo e fortunato. In ogni caso, mi sentirò realizzato quando avrò fatto tre cose prima di morire che sono: scrivere un libro, imparare a suonare uno strumento e saper cucinare bene. Scrivere un libro l’ho già fatto, mi mancano le altre due.

5. Hai citato la fortuna, tu pensi che ci sia un destino o pensi che la vita ce la scriviamo noi?

Penso che la fortuna si crei. Sicuramente ci sono degli ostacoli. C’è chi nasce con delle difficoltà evidenti. Per alcuni la strada parte in salita e non so a chi attribuirla questa responsabilità, se darla a chi ci ha creati o alla sorte. Tuttavia penso che la sorte si possa cambiare e a questo credo fermamente perché io l’ho fatto e l’ho fatto più volte, anche quando le cose andavano bene. Sembra una frase fatta, ma davvero credo che la fortuna o la sfortuna la facciamo noi. Se io vedo delle nuvole in cielo ed esco a fare una passeggiata e poi comincia a piovere non posso dire “che sfortuna, ho beccato l’acqua.” E questa è una metafora di vita, no?

6. Perché “i sogni dei bambini sono gratis”?

Innanzitutto il titolo è venuto in maniera molto spontanea. È una frase che si trova all’interno del libro. Pensavo ai sogni, ai desideri che si fanno da bambini che sono molto diversi da quelli degli adulti. E questo perché quando si è bambini si sognano delle cose enormi, spesso impossibili. I bambini il problema del denaro non se lo pongono mai. Sono i genitori a dire “no, questo costa troppo.” Allora mi son chiesto come mai i bambini non si facciano questi problemi e la riposta è: perché sono problemi degli adulti. Ed è per questo che i sogni dei bambini sono gratis, perché loro sono puri, il concetto del denaro non lo conoscono. Bisognerebbe provare a riportare quello sguardo da bambino.

7. Pensi che sia questo il messaggio che stai dando col tuo libro?

Secondo me sì. Io non me lo son posto il problema del messaggio però credo che questo possa essere un bel messaggio per chi ha paura di vivere, di riuscire a ottenere le cose.

8. Quanto pensi sia importante il supporto della famiglia per la realizzazione dei propri sogni?

È importante fino a un certo punto, nel senso che quando i genitori si impossessano dei tuoi sogni possono anche svegliarti da quei sogni, possono rappresentare l’alba che ti risveglia dai sogni. Invece è importante fornire la giusta autostima, quello dovrebbe essere il compito dei genitori. Farti intravedere i sogni e farti vedere la possibilità di riuscita.

9. Chi è la prima persona a cui hai fatto leggere il tuo manoscritto?

Mia moglie e mia cognata sono state le mie prime due lettrici. Terminavo la scrittura mattutina e prima di pranzo facevo leggere ciò che avevo scritto e quasi sempre si terminava in pianto. Ricordarmi di quel tempo è stata più di una terapia.

10. Hai lasciato la tua terra natìa per trasferirti in Sardegna. Ci sono tante persone che per motivi lavorativi, e non, decidono di trasferirsi altrove. Cosa ti senti di dire a chi sta per compiere questo passo?

Posso dire che fa bene. Perché penso che si riesca con la conoscenza, con il viaggiare a raggiungere una propria stabilità. Penso che il viaggiare sia l’unico modo per scoprire sé stessi e scoprire gli altri. E soprattutto si impara a non essere discriminatori, a non essere razzisti.

11. Con questo libro, oltre ad averci fatto conoscere una parte del tuo passato, ci hai presentato tante persone della tua vita. Qual è quella che più di tutte ti ha fatto piacere ricordare?

Sicuramente Antonio, il mio istruttore di ginnastica. Lui era una persona fantastica perché era un ragazzo, bello e forte, nel pieno della sua giovinezza però aveva lo sguardo del bambino. Io vivo molto per lui che mi ha lasciato l’empatia. È stata una figura molto importante per me. È stato un passaggio leggero e breve però mi ha insegnato più di tanti altri.

12. In questo momento stai scrivendo altro?

Ho scritto dei racconti e con uno ho partecipato ad un concorso di cui saprò l’esito a settembre. Racconto scritto in un periodo di bella difficoltà perché le difficoltà a volte sono anche belle, ti fanno vedere cose che quando sei contento non vedi. Le cose migliori le scrivo quando sono in difficoltà.

13. Il tuo obiettivo è pubblicare un altro romanzo?

A me fare carriera non è mai interessato, non mi interessa di sfondare. Ho raggiunto un’età e un equilibrio tale da non sentire il bisogno di farcela e quindi faccio tutto quello che mi va. Se dovessi sentire il bisogno di scrivere qualcosa di forte, la scriverò senz’altro, altrimenti potrei anche non scrivere null’altro e dedicarmi, finalmente, alla cucina, all’uovo al tegamino.

14. Che cos’è per te il successo?

Per me il successo è sentirmi voluto bene dalle persone e per fare questo devo lavorare tutti i giorni. Perché c’è chi si ricorderà di te, ma ci sono anche quelle persone, la maggior parte, che quando hanno ottenuto il loro scopo, spariscono. Quindi per me il successo è conservare le amicizie.

15. C’è, ad oggi, un augurio che ti fai?

Mi auguro di continuare ad avere gli occhi del bambino.

 

L. Trinchillo