Riscoprire il piacere di vivere attraverso la bioenergetica

La bioenergetica come psicoterapia a mediazione corporea lavora per implementare a livello energetico la capacità di sentire il corpo in modo da avvertire il senso di presenza a sé stessi e la conseguente capacità di orientarsi nella vita quotidiana con fiducia.

La bioenergetica lavora per tarare la bussola emotiva interiore in modo da incrementare la capacità di fidarsi ed affidarsi al proprio “sentire” e, di conseguenza, nel favorire la capacità di discernere fra il piacere (come ciò che alimenta la vitalità del corpo) dai bisogni fittizi dell’ego che fondano la propria ragione d’essere nel desiderio di apparire, mostrare, dimostrare, ecc.

Il piacere si manifesta attraverso un movimento espansivo che consente l’apertura, grazie anche al respiro e, di conseguenza, favorisce la possibilità di entrare in contatto con il corpo.

Il piacere è legato al sentire e quindi dipende dalla capacità di riuscire a sciogliere blocchi emotivi e tensioni corporee mentre l’Io è legato all’immagine idealizzata e quindi preme verso la costruzione di una adeguata rappresentazione di sé che, dovendo rispondere a certi parametri, favorisce atteggiamenti di chiusura, di ritiro e di controllo provocando di conseguenza ansia, senso di inadeguatezza e, di conseguenza. dolore.

In un’ottica bioenergetica possiamo considerare la paura come un’emozione che impedisce al corpo di provare piacere.

Potrà sembrare bizzarro ma provare piacere significa permettersi di lasciare andare, cedere, consentirsi di perdere il controllo. L’Io, che invece lavora per immagini, non accetta di essere subordinato ai bisogni del corpo e pretende di tenere ben salde le redini del controllo sul corpo stesso.

Il piacere deriva di conseguenza dalla possibilità di smascherare le illusioni dell’Io.

Riconoscendo i tentativi di manipolazione dettati dalle lusinghe dell’ego, superando la seduzione dell’Io e le sue tendenze ipertrofiche, è possibile prestare attenzione ai segnali del corpo, ai messaggi che costantemente con il suo linguaggio (emozionale) invia, alle sensazioni, lasciandosi guidare dalla sua “antica saggezza”.

Attivare questo processo non è semplice perché occorre affrontare la “paura di cadere”, superare cioè il senso di perdita di una (illusoria) immagine di sé che deve essere costantemente alimentata dal desiderio di arrivare al risultato ottimale, ad eccellere, al perfezionamento delle performance Arrendersi significa rinunciare ai propri schemi di controllo che coincidono con la struttura difensiva del carattere (intesa come armatura vera e propria, anche di tipo muscolare) e, così facendo, si esprime tutta l’ansia (paura) originaria che un tempo ha consentito di difendersi da un pericolo di natura emotiva. La difesa blocca, protegge e salva ma, chiudendo, scende al compromesso di dover cedere una porzione di vitalità corporea, anestetizzando la capacità di sentire, vibrare ed essere spontanei.

L’insieme delle esperienze dolorose strutturano le difese in maniera precisa ed articolata ed ogni volta il meccanismo procede congelando di pari passo la capacità di provare emozioni. Così facendo, nel tentativo di proteggersi dal dolore e dall’angoscia, si prendono le distanze da esperienze emotivamente toccanti e si inibisce di pari passo la capacità di gioire (lasciarsi andare), vibrare (sciogliere tensioni), entusiasmarsi (perché bloccati dalla paura della possibile delusione conseguente).

Alimentare il benessere significa togliere il nutrimento a ciò che sentiamo come fonte di stress, vita impossibile, noia, frustrazione ed abitudini non gratificanti.

La difficoltà risiede nel fatto che dentro ognuno di noi esiste una sorta di “pilota automatico” che attiva modalità di comportamento e di pensiero ogni volta che si manifesta un certo tipo di situazione, solamente per la ragione che sono comportamenti conosciuti, testati, validati, al di là del fatto che siano poi fonte di sofferenza.

Queste modalità automatizzate non fanno altro che alimentare, portare energia e vigore alla difesa stessa, ovvero alla reazione conseguente ad un’esperienza dolorosa intorno alla quale si sono strutturati atteggiamenti disfunzionali.

La bioenergetica può aiutare a depotenziare, ovvero a togliere energia a tutto ciò che va a rinforzare la difesa stessa, impedendo al corpo di sentire ed esprimersi spontaneamente.

Arrendersi al corpo vuo dire superare con coraggio la paura di di sentirsi vivi. La paura, per sua natura, blocca, irrigidisce crea tensioni ed è tanto più intensa quanto meno la situazione è conosciuta. Riconoscere i blocchi e le contrazioni correlati alla paura, consente di provare ad utilizzare l’energia in modo da non alimentare più questo meccanismo ma direzionarla in modo diverso, stando non più in un ruolo difensivo ma espandendosi, uscendo dall’area di difesa e provare ad ampliarsi (attraverso anche il respiro) sia verso il basso (radicandosi al suolo), sia slanciando (in avanti), accettando il rischio di cadere ed abbracciando la paura che ciò accada.

Sperimentarsi vuol dire accettare la paura di cambiare ed il tentativo della paura stessa di far rimanere ancorati nella modalità conosciuta e familiare.

Agire nonostante la paura in questo processo di disinnesco di un antico equilibrio faticosamente raggiunto ha a che fare con la destrutturazione ed una nuova ri-organizzazione degli elementi in gioco e, in un certo senso, coincide con l’accettazione (anche dolorosa) che le cose non saranno più le stesse.

Occorre quindi fare i conti con la possibilità di dirsi addio, accettare di dover lasciar andare parti di noi che per molto tempo ci hanno accompagnati e caratterizzati, fare i conti con il senso di perdita e quindi anche con la tristezza.

Tutto questo però porta progressivamente a ri sintonizzarsi con se stessi; spogliandosi delle sovrastrutture si arriva lentamente a ri connettersi energeticamente con tutto il corpo attraverso il respiro e ri acquisendo un senso di vitalità ed autenticità mai sperimentati prima.

Talvolta è difficile connettersi con sé stessi e con le proprie emozioni. Spesso prevalgono tensioni emotive e blocchi muscolari che sono il corrispettivo di ciò che avviene a livello psichico, rendendo difficile la capacità di essere spontanei ed efficaci anche a livello comunicativo. Ecco allora che se riesco a modificare alcuni aspetti legati al respiro e sciogliendo alcune tensioni, riesco anche a lavorare in qualche modo su un piano psicologico ed emozionale.

Alcune proposte relative alle pratiche bioenergetiche:

Foto numero 1: in piedi, con le ginocchia leggermente flesse, favoriamo l’inspirazione e l’espirazione attraverso il movimento delle braccia che, in una prima fase è di, apertura (inspirazione) e, nella seconda, di compressione (espiazione). È importante ascoltare cosa cambia, cosa accade e le sensazioni che emergono nel passaggio da una fase all’altra. 

Foto numero 2. Favorire l’espirazione “collassando in avanti” e premendo leggermente per consentire un’uscita completa dell’aria. Anche qui, occorre consentire durante l’inspirazione una apertura completa delle spalle e della gabbia toracica e, solo successivamente “sgonfiarsi” lasciandosi andare. 

Foto numero 3. Sollevare il cielo. Spingere pensieri e timori in modo da crearsi uno spazio di vita possibile. Cosa cambia quando provo a crearmi il mio spazio? Come sento le braccia? Posso permettermi di allontanare le zavorre delle preoccupazioni? Cosa mi impedisce di farlo? Ecc.