Sebatiano Chessa quando le storie marciano con l’atleta.

La fusione tra sport e scrittura hanno arricchito la vita di Sebastiano Chessa, lo sport gli ha insegnato la perseveranza, la dedizione e la passione, qualità che trasferisce nella sua scrittura esplorando mondi interiori che forse lo sport da solo non le avrebbe potuto svelare, ecco l’intervista:

 1) In che modo la tua passione per lo sport influenza il tuo modo di scrivere o le storie che racconti?

Nel 2017 dopo tanti anni ho  ripreso a praticare sport e contemporaneamente ho cominciato a scrivere. Inizialmente ho ritenuto che le due  cose fossero totalmente slegate e ininfluenti l’ una verso l’ altra. Col tempo mi sono accorto che il benessere psicofisico che generava la pratica sportiva mi permetteva di avere  la giusta freschezza mentale e la concentrazione necessaria per la scrittura. Altro aspetto in comune è che al risultato, nello specifico la gara o un libro, si arriva dopo una lunga preparazione, spesso tortuosa e non priva di contrattempi. Un romanzo è come una maratona: necessita di una lunga e meticolosa gestazione che  al traguardo regala un’ emozione indescrivibile.

2) Lo sport è una forma di comunicazione universale, pensi che possa servire da metafora per raccontare storie più ampie nella tua scrittura?

A mio parere per essere definito universale lo sport  dovrebbe incarnare  sempre il valore della lealtà  e tendere all’ unione e non alla divisione.  Mi piace l’ aspetto ludico primordiale che sta alla base di ogni disciplina sportiva, dalla più praticata a  quella più sconosciuta o meno mediatica. Da uomo di sport perseguo il rispetto di regole, arbitri, avversari, compagni e pubblico. Ma  più di ogni altra cosa cerco di scoprire e far conoscere quali anime si celino dietro  imprese memorabili o  delusioni  cocenti. Anche chi taglia per ultimo il traguardo in una gara di periferia ha sicuramente un vissuto unico e straordinario di raccontare. Lo sport è fatto di donne e uomini ma ancor  più di grandi storie: chi vince la sua personale “Olimpiade”  superando il  suo stesso limite o le sue paure è destinato a suo modo a rimanere immortale.

3) Pensi che la tua fede influenzi il modo in cui osservi o affronti il mondo e come questo si riflette nei tuoi scritti?

Benché proveniente da una famiglia fondata su solidi principi cattolici e su fulgidi esempi che ammiro profondamente , tuttavia mi trovo in una fase cruciale di profonda introspezione e ricerca interiore. Cerco umilmente di trovare dentro di me tutte le risorse morali per  fare il meglio che posso in tutte le circostanze, provando a essere da esempio quanto a rispetto, serietà e dedizione.  Nei miei scritti parlo di fede attraverso il racconto di persone a me care che ne hanno reso ampia e trasparente testimonianza.

4) Come bilanci le tue passioni con il tuo impegno come scrittore?

Cerco di coltivarle tutte appena posso. Alcune di esse , quelle più recenti, sono veramente distensive, come ad esempio la fotografia e suonare la chitarra che pratico in modo amatoriale e per puro diletto. Altre sono più assidue e quotidiane, come la musica o il cinema che invece posso definire i miei primi amori. La pratica sportiva e la scrittura assorbono gran parte del mio tempo libero e in questo momento prevalgono sulle altre. Per esempio il mio secondo libro di prossima pubblicazione ha richiesto quasi un anno e mezzo ininterrotto di lavoro, per cui in questa fase della mia vita posso assolutamente definirlo la mia passione principale. 

5) In che modo la tua famiglia ha influenzato la tua carriera di scrittore? Ci sono esperienze familiari che hai trasformato in storie?

“Portami a Sine Die”, il mio primo romanzo, è essenzialmente basato su vicende familiari, oltre che su luoghi e persone  della mia infanzia. Ho creato una storia che poi è un insieme di microstorie nelle quali il fulcro è il rapporto fra il giovane protagonista Lallo e la nonna Vittoria.  È un lavoro di forte matrice femminile dove altre donne, tutte con i loro principi etici ben marcati, hanno un ruolo determinante in tutto lo sviluppo del racconto. Nel romanzo di prossima pubblicazione parto da un esperienza individuale ma stavolta la famiglia è un pò più defilata per quanto presente.

6) Hai dei modelli familiari che ti hanno ispirato a diventare scrittore?

Mio padre  ha cominciato a scrivere poesie in lingua sarda solo dopo i 40 anni. Le ha tenute dentro un cassetto finché nel 2002 a  64 anni,  su invito di un suo caro amico non ne ha fatto una silloge, stampata  in poche copie e presentata in pubblico, tuttavia mai pubblicata a livello editoriale. Certamente la sua passione per la scrittura ha influito sulla decisione, circa 15 anni dopo , di cominciare la stesura del mio primo romanzo.

7) Com’ è nato il tuo primo romanzo “Portami a Sine Die” ?

Intorno agli inizi del 2017 mi è venuta l’ idea di riordinare aneddoti e racconti di mio padre e mia zia oltre che i ricordi delle chiacchierate con mia nonna. Da lì in poi   nelle poche occasioni in cui ci vedevamo, soprattutto durante le festività, ho cercato di ritornare su quelle storie attraverso domande specifiche, acquisendo sempre più dettagli su circostanze vere, presunte, talvolta  lontane nel tempo. Tutto questo con carta e penna,  senza l’ ausilio della tecnologia, subentrata solo nella stesura definitiva avvenuta fra il 2021 e il 2022. Il motore principale che mi ha spinto  è stato in primis il desiderio di far conoscere nel miglior modo possibile  la figura di mia nonna, evidenziandone insieme  forza e candore. Un vero atto d’amore verso una fra le persone più importanti della mia vita. In secondo luogo ho cercato di far rivivere attraverso profumi, colori, personaggi,  circostanze  vere e  romanzate, lo spirito di una Sardegna eccezionalmente vitale e densa di umanità che ha pervaso gli anni ’80, periodo nel quale è prevalentemente ambientato il romanzo.

8) Nel romanzo la figura di Tzia Vittò è  determinante nel racconto, ma chi è Lallo, suo nipote?

È un 17enne che durante l’ adolescenza aveva in parte reciso quel cordone ombelicale che per tutta l’ infanzia l’ aveva legato alla figura della nonna. Ma è soprattutto un giovane  che cerca di affermare la sua personalità vivendo per un breve periodo  esperienze e sentimenti in una realtà diversa da quella della città in cui vive. Nell’ estate del 1989 decide perciò di trascorrere una breve vacanza a Sine Die,  il paese natale del padre, luogo fondamentale della sua infanzia. Lì ritroverà  la Nonna, colei dalla quale si è sempre sentito amato più che da chiunque altro.Questo ponte è  necessario per far luce e ricostruire alcune importanti vicende della sua famiglia ma anche consolidare rapporti con alcuni coetanei e vivere sorprendenti nuove amicizie che contribuiranno alla sua maturazione definitiva.

9) Parlando della tua famiglia è mai stata parte attiva nel tuo processo creativo, magari con suggerimenti e critiche sulle tue opere?

Ha certamente contribuito in modo decisivo  come fonte principale delle vicende raccontate. Le prime persone a leggere la stesura originaria di  “Portami a Sine Die” sono stati mio padre e mia zia Demetria che mi hanno sempre incoraggiato a dare forma al progetto. Quanto al discorso creativo credo di averci messo tutta l’ inventiva possibile almeno dove la storia lo richiede. Ho provato a farlo con il mio stile,  che pur essendo in una fase di maturazione fisiologica, a detta di chi ha letto il romanzo è nitido e riconoscibile. Tutto questo mi responsabilizza, incoraggiandomi a trovare soprattutto attraverso l’ esercizio della lettura, il linguaggio migliore possibile per trasferire  emozioni al lettore.

10) Come riesci a bilanciare la tua vita familiare con la carriera di scrittore, che spesso richiede tanto tempo e dedizione?

Non è certamente facile poter essere presente in tutti gli aspetti del quotidiano.  Scrivere è un’ attività  impegnativa che richiede costanza, dedizione e molta pazienza perché il risultato finale è soprattutto il frutto di un lavoro di  ricerca immenso  a volte più faticoso della stessa scrittura. Ho la fortuna di essere una persona passionale: questo aspetto mi permette di dedicarmi a tutto ciò che faccio  senza viverlo come una fatica ma come un divertimento. Può essere forse questo il mio piccolissimo segreto.

11) A breve esce il tuo nuovo libro. Di cosa parla?

Per motivi squisitamente editoriali,  per ora  non posso addentrarmi troppo nei dettagli. Si tratta del racconto-tributo di una stagione sportiva molto importante della Nuorese, la squadra calcistica più importante della mia città. Dopo un anno e mezzo di lavoro ininterrotto, il testo è in mano ad Amico libro, la casa editrice che ha pubblicato il mio primo romanzo. Incrociamo le dita.

12) Mi racconti meglio la tua passione per la “Nuorese”, la squadra della tua città?

I colori verdeazzurri sono da sempre la mia seconda pelle. Ho avuto l’ onore di indossare questa maglia anche se solo  per un breve periodo ed è stata una delle esperienze umane e sportive che ricordo con più gioia. Ma soprattutto sono sempre stato un tifoso della Nuorese sia nei momenti esaltanti che in quelli bui, nei quali ahimè  la città stessa sembrava averla abbandonata. Una società sportiva per crescere ha bisogno di un progetto tecnico serio ma soprattutto di una tifoseria che la sostenga sempre, soprattutto nei momenti  difficili.

                                                                                              Umberto Buffa

 

 

 

Le foto dell’articolo sono state concesse dall’intervistato.

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