Daniela Bonetti: “I supereroi non vanno reclutati, ma formati”. La Leadership al femminile

Secondo Daniela Bonetti – autrice di “Team leader. Mentalità, caratteristiche e strumenti per far crescere reti di persone collaborative, motivate ed efficienti e di “Leadership al femminile: Manuale pratico per donne che vogliono tirar fuori il meglio di sé nella vita e nel lavoro” a fare la differenza è il mix dell’energia maschile e femminile: essere dolci ma al tempo stesso forti e intensi, essere diretti ma non aggressivi… La donna può contare su alcuni punti di forza innati che possono fare la differenza nel mondo professionale se vengono sfruttati al meglio

Perché il team leading è oggi essenziale per un’economia di impresa?

Il team leading è essenziale per un’economia d’impresa perché se abbiamo una squadra formata, coesa, matura, che va nella stessa direzione, diventa tutto molto più semplice e gli obiettivi si raggiungono con maggiore facilità.

L’azienda per giunta risparmia in un sacco di attività, come la formazione e il reclutamento. Il processo necessario a trovare le persone giuste, infatti, implica un investimento in termini di tempo, risorse e denaro.

In sintesi, siamo in grado di formare un team unito, che veste la maglia dell’azienda e va nella stessa direzione, ed è tutto molto più veloce dal punto di vista dei risultati e del risparmio.

Quali difficoltà maggiori ha incontrato nei team di lavoro delle imprese?

Nelle imprese, il team trova difficoltà principalmente nel rapporto con il team leader, cioè con colui che gestisce le persone nella divisione. I problemi sono legati a una serie di fattori. Il primo è la mancanza di fiducia, per cui il team leader (o il responsabile di divisione, il titolare, l’imprenditore) ha difficoltà a delegare determinati compiti.

A volte invece i collaboratori si sentono addosso un carico eccessivo di responsabilità, perché il team leader non si assuma la responsabilità dei risultati.

Si crea un’altra difficoltà quando non c’è un rapporto empatico ma il leader tende a “mettere un muro” tra sé e la risorsa. Non c’è empatia, non c’è relazione, non c’è rapporto. E, se la squadra ha bisogno di dialogare, dall’altra parte non trova nessuno che sia disponibile ad avere un confronto. Si crea così un distacco emozionale.

Altre volte l’imprenditore o il leader non ha la pazienza sufficiente per seguire i propri collaboratori, guidarli, monitorare i loro risultati, dare feedback senza entrare nel giudizio. Questa è una delle cose più importanti per far crescere le proprie risorse: i feedback non devono essere giudicanti ma collegati ad aree di miglioramento professionale o comportamentale. Spesso, invece, il team leader si arrabbia e si lascia guidare dall’emotività, e il suo feedback viene percepito come un giudizio.

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Copertina Team Leader

Nel suo ultimo libro Team leader. Mentalità, caratteristiche e strumenti per far crescere reti di persone collaborative, motivate ed efficienti, lei scrive “i supereroi non vanno reclutati, ma formati”. Ci dia tre consigli per i recruiter di risorse umane.

Sicuramente, se stiamo cercando una persona che abbia determinate competenze, partiamo da lì. Ma più che le competenze, che sul campo si possono insegnare o imparare, credo che l’importante sia capire quali sono le soft skills, le abilità personali.

Prima di tutto io mi faccio raccontare la storia di una persona, tendenzialmente perché racconto la mia: spiego da dove arrivo, che attività ho svolto fino a oggi e come sono arrivata dove sono. Così facendo, metto il mio interlocutore nella condizione di aprirsi e raccontarsi, e magari cerco di capire, attraverso qualche domanda, se nella sua vita personale o professionale ha avuto qualche momento di sfida  che può essermi utile per conoscerlo più in profondità.

Poi cerco di capire quanta flessibilità mentale ha questa persona e quante possibilità ci sono di farla crescere dal punto di vista personale e professionale. Se è una persona molto rigida e schematica, diventa difficile scalfire alcune sue credenze.

Il terzo elemento che valuto è l’ambizione, la fame di risultati, la voglia di dedicare tempo senza risparmiarsi. Apprezzo chi vuole sentirsi importante raggiungendo obiettivi risultati e lo fa per il proprio riscatto professionale e personale. Posso valutare la sua capacità di problem solving quando mi racconta la sua storia: posso capire se ha superato delle sfide e come, e se in quelle occasioni si è focalizzato sui risultati o sulle cose che non funzionavano.

Cosa manca soprattutto oggi ai team di lavoro?

Possono mancare due cose importanti, che molte aziende o imprenditori non fanno vivere. La prima è il senso dell’appartenenza, che porta a sentirsi parte di qualcosa e non considerarsi semplicemente come un numero o uno stipendio da pagare. Ogni collaboratore deve sentirsi un essere umano e deve avere voglia di vestire la maglia di quell’azienda, quasi come se fosse sua. L’esempio di scuola è quello dei collaboratori di Apple, che hanno un senso di appartenenza fortissimo che si riconosce non appena si ha a che fare con loro.

Un’altra cosa che non può mancare è la mission, il “dove stiamo andando”. Ogni collaboratore, oltre a sentirsi parte dell’azienda, deve capire qual è il suo scopo e cosa sta facendo per il mondo. “Dove stiamo andando?” significa “perché facciamo quello che facciamo?”. Chiaramente c’è una mission aziendale, ma io cerco di trovarne anche una personale per ogni membro del team.

Leader capace e leader efficace. Quali sono le sue caratteristiche principali?

Il leader è capace di creare un rapporto con le persone ed empatizzare, sfruttare al meglio l’intelligenza emotiva, gestire le proprie emozioni e riconoscere i propri punti di forza e le proprie aree di miglioramento. Il vero leader inoltre è orientato a essere al servizio delle proprie persone, mettendo a disposizione tutto ciò che sa e che conosce, pur di far crescere le persone, farle sentire bene in quell’ambiente e far capire loro che fanno parte di qualcosa e sono importanti.

Al contrario, troppo spesso la tendenza dei leader è quella di far notare quello che non va, dare poche pacche sulle spalle e far sapere raramente quanto le persone sono importanti. Ma, se nelle nostre imprese non ci fossero le persone, non andremmo troppo lontano. Purtroppo si dà troppe volte per scontato che una persona debba fare il suo lavoro, semplicemente perché è pagata. Ma giocarsi la carta del denaro è riduttivo, perché i soldi danno soddisfazione fino a un certo punto: per le persone, la ricompensa morale è molto più significativa.

Il leader deve far sentire importanti le persone, sottolineare i loro punti di forza e ringraziare in modo sincero.

Lei parla di leadership declinata al femminile. Quali sono i suoi punti di forza e cosa manca oggi a suo avviso per una parità di leadership nei generi?

Personalmente, ho sviluppato molta sensibilità, capisco facilmente se c’è qualcosa che non va con i miei collaboratori e sono veloce nell’intervenire. Creo un clima disteso per far sì che le persone si sentano libere di parlarmi a cuore aperto e confidarmi ciò che non va.

Oggi invece molte donne adottano ancora una leadership un po’ maschilista. Sono dure, severe, poco empatiche e sensibili e sono distaccate perché pensano di dover fare “il capo”. Ci sono tantissimi uomini e imprenditori che hanno una sensibilità molto più alta rispetto a molte donne. A fare la differenza è il mix dell’energia maschile e femminile: essere dolci ma al tempo stesso forti e intensi, essere diretti ma non aggressivi. La leadership trae i suoi punti di forza da entrambi i generi. La donna può contare su alcuni punti di forza innati (sensibilità, dolcezza ed empatia) che possono fare la differenza nel mondo professionale se vengono sfruttati al meglio, mantenendo anche il distacco che serve in determinate occasioni.

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Daniela Bonetti

Eisenhower scrisse che “Leadership: l’arte di riuscire a far fare a qualcuno quello che tu vuoi perché lui lo desidera.” Lei è d’accordo?

Sono assolutamente d’accordo: essere allineati, e far coincidere i desideri del leader con quelli del collaboratore, è una strategia vincente. Non si va molto lontano se si cerca soltanto di convincere qualcuno a fare ciò che non rientra nelle sue corde e mettere in campo competenze che non gli appartengono. Oltre a non portare risultati, questo atteggiamento crea tantissime resistenze e tantissima fatica. Non per niente io cerco di capire cosa vogliono le persone che collaborano con me, quali sono gli scopi e le soddisfazioni che si attendono dal lavoro che faremo insieme. Così posso creare qualcosa che ci porta alla realizzazione dei nostri obiettivi comuni.

Quale impatto economico può avere un team aziendale non bene strutturato e una leadership mediocre?

L’impatto economico può essere devastante. Un team che non è ben strutturato (in cui, cioè, le persone sono nel posto sbagliato) può rallentare l’azienda in modo esagerato. Inoltre, se a capo di quell’azienda o divisione c’è un leader mediocre o pessimo, che non è in grado di fare squadra e creare relazioni ma dà solo ordini, il rischio è quello di avere un team dissociato in cui ognuno va per la sua strada e le persone non si sentono all’altezza del proprio ruolo.

È evidente che l’impatto economico può essere devastante. Magari le aziende vanno alla ricerca di problemi legati al mercato, al prodotto, al customer care, alla tipologia di clientela o al prezzo, e si dimenticano di controllare come sta lavorando il team di lavoro. Come strumento di performance, è molto utile chiedere al team di dare un feedback sul proprio ruolo e sul proprio leader.

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Giorgio Nadali