Intervista a Claudia Aru: artista poliedrica, porta la Sardegna in giro per il mondo

Cantautrice, performer, vocal coach e presentatrice radiofonica per Rai Radio1, programmazione per la Sardegna, Caludia Aru è tutto questo e molto altro. Ci vorrebbe una lista infinita per descriverla, ma bastano poche sue parole per conoscerla e amarla. Provare per credere. Buona lettura.

Chi è Claudia Aru?

Credo che l’aggettivo che più mi rappresenti sia: una donna curiosa. Dietro la curiosità c’è la determinazione. Un individuo curioso si spinge laddove gli altri non vanno per paura. In più la curiosità porta all’indipedenza e al movimento e io sono una persona estremamente dinamica. A differenza di quanto ci si potrebbe aspettare, non mi reputo una cantante in senso stretto. Sono più una sorta di “grillo parlante”, una persona che ha l’onere e l’onore di tenere in mano un microfono. Io vivo tutto questo come un grande privilegio e una grande responsabilità perché ho la possibilità di parlare anche per chi questo microfono non lo terrà mai.

Di cosa parlano le tue canzoni?

Di sicuro non sono una cantante d’amore. Io mi voglio rendere voce della società che sento di dover rappresentare, che è la società dei diritti per tutti, lontana da ogni forma di totalitarismo e di razzismo. In più voglio rappresentare le donne che sono tali anche se non hanno figli, anche se sono donne in carriera e anche se non sono sposate. E non perché vogliano assomigliare a un maschio, ma perché vogliono essere donne complete e indipendenti. Sì, questo è ciò che mi sento di rappresentare. Con ciò non significa e non escludo l’ipotesi di poter un giorno diventare madre, ma per ora è così. Non sono una donna con le palle e tantomeno una donna cazzuta, due espressioni che detesto e che fanno parte di una mentalità misogina che non mi appartiene. Le donne con carattere sono donne con le ovaie, non con attributi maschili. Io sono una donna e sono felice di esserlo.

Dunque, che cosa deve aspettarsi chi viene a vedere un tuo spettacolo?

Io creo delle situazioni, il mio non è un concerto passivo dove il pubblico riceve e basta, ma uno spettacolo interattivo. Uso tutto quello che succede: da un telefonino che suona a un sorriso, da una risata particolarmente chiassosa a una lacrima. Il genere che mi rappresenta si chiama “teatro-canzone”. Io mi reputo una figlia illeggittima di Iannacci e Gaber. Mi piace questo approccio fortemente teatrale nei miei spettacoli. Devi aspettarti un viaggio perché canto in sardo, ma non faccio musica sarda tradizionale. Io unisco il sardo alle sonorità che mi appartengono e che mi piacciono. Spazio dal blues al funky, dalla Bossanova al tango, dai mariaci ai suoni africani. E questo perché io sono innamorata del mondo. La componente “viaggio” fa parte della mia vita. In questo momento di pandemia viaggiare è la cosa che mi è mancata di più. Perciò ho creato questo “viaggio” da fermi, dove la Sardegna diventa il centro, cosa che è realmente così dato che siamo al centro del mediterraneo, e perciò un ponte naturale di culture.

Perché hai deciso di cantare in sardo?

Dico sempre che sono diventanta sarda a 26 anni, per scelta. Mia madre è stata insegnante di italiano per una vita e quindi io il sardo in casa non l’ho mai parlato. Grazie ai viaggi ho scoperto quanto mi mancasse. Per me cantare in sardo è un atto politico dove per politica non intendo essere affiliata a un partito, cosa che non sono, ma per politica intendo un processo lento e fruttuoso di creare identità. Io stessa ho attraversato quella fase in cui mi mancava la direzione, sono passata attraverso un continuo fare cose che non mi davano la vera spinta. Aver affondato le mie radici a casa mi ha dato una stabilità pazzesca, mi ha dato la strada da percorerre a riprova che l’albero con le radici ben piantate poi frutta.

Cantare in sardo per alcuni è visto come un limite. Cosa rispondi a chi ti fa questa osservazione?

L’anno prossimo compio dieci anni come Claudia Aru, anche se in precedenza ho avuto tantissime altre esperienze musicali. Questo compleanno del mio progetto nasce anche dalla scelta di cantare in sardo. Se avessi cantato in italiano o in inglese non sarebbe successo. La mia chiave per il mondo è stata proprio cantare in sardo. Laddove all’inizio della mia carriera mi dicevano: “Sei pazza, ti stai limitando!” invece è stato quello che mi ha portata ovunque. Tutto ciò smentisce che cantare in sardo sia limitante e io ne sono la prova vivente.

La differenza tra Claudia Aru “personaggio” e Claudia Aru “persona”

Di solito, per spiegare la sottile differenza tra Claudia sul palco e Claudia a casa, uso il mio nome di battesimo per esteso, Maria Claudia, e poi quello che viene usato da tutti, Claudia Aru. Probabilmente, la grande differenza tra le due Claudia è solamente a livello estetico. Claudia Aru è un personaggio che ha dei simboli che sono riconoscibili, uno su tutti la rosa rossa e spesso anche il cappello. Ha una presenza più costruita, uno stile ricercato ed elegante. A Maria Claudia invece piace stare scalza, vestirsi in maniera semplice, truccarsi e pettinarsi se ne ha voglia. Tolto questo aspetto puramente estetico, sul palco quello che mi piace fare è semplicemente essere me stessa e chi mi conosce questo lo sa molto bene. Infatti, la sensazione che si ha durante i miei concerti è che si stia assistendo a un pranzo di famiglia o comunque a quella che, nel sud Sardegna, chiamiamo una “picchettata” tra amici. Sia a Claudia Aru che a Maria Claudia piace molto comunicare i propri sentimenti in maniera sincera. Ho messo alla base della mia comunicazione col mondo la sincerità, la trasparenza. E questo rientra anche nella mia visione di ascolto dei propri bisogni, di essere sempre sé stessi e di non dare mai le cose per scontate

 

Linda Trinchillo