Cento anni dall’assassinio a Sarajevo dell’Arciduca Francesco Ferdinando

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Quella domenica di cent’anni fa a Sarajevo, capitale in quel tempo della Bosnia-Erzegovina, doveva essere una giornata di festa. Tutto era stato predisposto per poter offrire la migliore accoglienza all’Arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo d’Este, nipote dell’Imperatore Francesco Giuseppe ed erede dell’Impero austro-ungarico che giungeva quel giorno in città in visita ufficiale accompagnato dalla consorte, la Duchessa Sophie von Hoenberg.

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Ma i disegni imperscrutabili del destino si sarebbero indirizzati in tutt’altre direzioni. Dopo un promettente inizio mattutino, durante il quale l’Arciduca, in veste d’Ispettore Generale delle Forze Armate austro-ungariche, aveva passato in rassegna le truppe imperiali acquartierate non molto lontano dal centro cittadino, il corso degli eventi avrebbe cambiato rapidamente verso.
Erano le 10 del mattino quando, terminata la parata militare, si formò il corteo di macchine che, come da programma, avrebbe portato tra ali di folla plaudenti l’Arciduca e la Duchessa al palazzo civico per ascoltare il saluto ufficiale del sindaco e ricevere l’omaggio delle altre autorità cittadine.

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In un tempo relativamente breve, poco più di una manciata d’ore, la festosa accoglienza si sarebbe tramutata in un’orribile tragedia. Dalla pistola impugnata da un giovane nazionalista serbo, Gavrilo Princip, partirono i colpi mortali che colpirono l’Arciduca e la Duchessa. Alle 13,15 l’erede dell’Impero austro-ungarico era già spirato.
L’assassinio fu causa scatenante della dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia che, a sua volta, portò al coinvolgimento su due opposti schieramenti delle principali nazioni europee ed extraeuropee. Le dimensioni assunte dal conflitto, prive di commensurabili precedenti, suggerirono la denominazione di “Grande Guerra”, di cui quest’anno ricorre il 100° anniversario del suo inizio (28 Giugno 1914 – 28 Giugno 2014).

Patrizia Floris