Intervista ad Alfonso Perugini, “io, la memoria, l’improvvisazione e il fascino della Bellucci”

Il fascino è una cosa innata. Puoi averlo con l’eleganza, con l’ attrazione fisica, con il carattere e con la personalità

Dopo tanta gavetta, Alfonso Perugini è diventato uno tra gli attori protagonisti della commedia dal respiro internazionale “ Mafia Mamma”. Qui ha avuto modo di dividere la scena con due vere e proprie dive quali Toni Collette e Monica Bellucci. L’artista ci ha svelato di come sono avvenuti i suoi incontri con le due star e di come sia nato il suo amore per il Cinema in toto.

Alfonso, sei al Cinema con “Mafia Mamma”. Con quali parole descriveresti il film a chi non ha ancora avuto il piacere di vederlo?

Quando “Mafia Mamma” uscirà in Italia il pubblico vedrà commedia che definirei, spumeggiante, ritmata, divertente, ironica e sinceramente femminista.

Hai recitato con due attrici straordinarie nonché due donne bellissime come Toni Collette e Monica Belucci. Come è avvenuto il vostro primo incontro?

Ho incontrato prima Monica. Ero con altri membri del cast ad una prova costumi agli studi Voxson di Roma, dove la Cattleya aveva fatto la sua base per la produzione esecutiva. Ero in una sala a prendere un caffé con Francesco Mastroianni e Giulio Corso, finchè a un certo punto esce dal corridoio questa donna affascinante, bellissima che ci saluta con un sorriso. È andata più o meno così. Poi ci furono le dovute presentazioni. Con Toni ci siamo incontrati sempre alla Voxson qualche settimana più tardi, verso la fine di aprile 2022; era appena arrivata dall’Australia e facemmo conoscenza a pranzo se ben ricordo. Era presente anche in quell’occasione Mastroianni e poi la regista Catherine Hardwicke. Eravamo noi quattro.

L’attrice umbra è considerata una vera e propria diva. Forse una delle ultime dive del Cinema. In che cosa e per che cosa credi che lei possa esercitare particolarmente il suo fascino? Il suo x-factor anche a camere spente?

Il fascino è una cosa innata. Puoi averlo con l’eleganza, con l’ attrazione fisica, con il carattere e con la personalità. Su Monica Bellucci posso dire che è una persona con cui è bello parlare anche fuori dal set avendo lei una simpaticissima personalità e una fine intelligenza. Anche questo è fascino.

Sovente si dice che una donna davvero molto bella debba lottare ancora di più per dimostrare di essere brava e di saper fare come si deve il suo lavoro ma lo stesso spesso non si può dire di un uomo. C’è ancora questa idea secondo te dietro le quinte al di là di quello che si dice di facciata?

Chi lo pensa, e purtroppo c’è, fa un grande errore di valutazione. Da parte mia, nel mio lavoro e non, ho sempre guardato alla sostanza delle persone indifferentemente dall’essere uomo o donna. Se sei bravo o brava meriti di andare avanti.

Tuttavia esistono attori e attrici non particolarmente belli ma comunque molto affascinanti. Che cos’è per te il fascino? Quando ti senti di definire una persona affascinante? È in accordo con il carisma? Come lo descriveresti?

Beh, prendiamo per esempio il Jack Nicholson degli anni d’oro. Era forse un bell’uomo? Direi di no, ma certamente affascinante per il suo sguardo, il suo magnetismo, il carattere e la bravura nel calarsi in ruoli tanto diversi. Forse tutti questi fattori compongono il carisma, vale a dire la capacità di essere empatici al pubblico anche senza la bellezza fisica.

Tu hai lavorato in campo internazionale. Hai trovato complesso recitare in lingua inglese?

Non particolarmente. Ho sempre studiato inglese fin da bambino con dei corsi privati. Questo dai 7 ai 17 anni. Poi da adolescente trascorrevo diverso tempo d’estate nel Regno Unito per affinare la lingua e la conoscenza della cultura anglosassone. Dopo l’Università ho vissuto più di tre anni a New York dove mi sono specializzato in filmmaking alla New York Film Academy. I veri problemi io li ho di memoria con le battute, ma questo anche in italiano. Compenso bene con l’improvvisazione.

Oggi si lavora molto a livello di co-produzioni soprattutto a livello di fiction tra vari Paesi. Quello della serie TV è un mondo che ti affascina?

Dipende dal tipo prodotto. Fiction e Serie TV sembrano sinonimi ma non lo sono. Dopo il 2008 con l’exploit di “Romanzo Criminale” la Serie TV italiana ha conosciuto una positiva evoluzione di stile e questo ha appunto aperto le porte alle co-produzioni internazionali, come per esempio “The young pope” di Sorrentino. Se parliamo di quel livello di creatività narrativa e di tecnica al pari di quella cinematografica la risposta è sì, ne sono affascinato. Negli sceneggiati televisivi invece (quelli che oggi si chiamano fiction) vedo invece troppi compromessi, da un lato il voler essere a tutti i costi “politically correct”, che personalmente detesto e ciò determina perdita di realismo narrativo; dall’altra parte spesso percepisco la velocità che si trasforma in fretta per contenere i costi di produzione. Ricordiamoci della popolarissima Serie TV “Boris”. Una serie italiana che prende in giro la fiction italiana e ti dice esattamente come non fare questo lavoro.

Per quale motivo credi che siano molto seguite dal grande pubblico?

Il grande pubblico si affeziona ai personaggi e prende le loro parti come se fossero persone reali, tenendo a cuore le loro sorti. Se una serie è fatta davvero bene il pubblico ti ricorderà a vita.

Tu che genere di spettatore sei? Quando sei a casa in relax, che cosa ami guardare?

Ovviamente prediligo il film, possibilmente in formato Blu-Ray. Sono ancora un fan del supporto fisico. Ho comunque gli abbonamenti sia a Netflix che ad Amazon Prime. Sulle piattaforme streaming mi piacciono i documentari storici o delle Serie TV di alto livello. Per esempio “I Soprano” sono un prodotto insuperabile e parliamo di una Serie concepita 25 anni fa!

Quando un film o una serie riesce a soddisfarti pienamente? Quali caratteristiche deve necessariamente possedere per arrivare al tuo cuore?

Un film mi soddisfa pienamente quando ha quattro fattori determinanti positivi e cioè: regia, fotografia, montaggio e sceneggiatura. Quest’ultima in particolare deve sempre avere un perché ultimo. Il film è un “prototipo” come dice il critico cinematografico Bruno Torri ed è quindi un’opera unica con un’ inizio, uno sviluppo, una fine e un motivo ben preciso. Ciò non significa che non amo i finali aperti quando ci sono, ma talvolta ci sono film che usano per l’appunto il finale aperto come scappatoia lasciando lo spettatore con troppi interrogativi e senza la possibilità di avere un ristretto novero di interpretazioni.

Molti si lamentano che sovente sia le pellicole cinematografiche così come le fiction siano fin troppo liberamente tratte dai romanzi ai quali/alle quali sono ispirati/e. Una tua opinione a riguardo?

A volte lo si fa per una mera questione di diritti d’autore. La parola “liberamente” secondo la legislazione vigente ti tiene lontano da parecchie noie giudiziarie. Altre volte è una pura scelta artistica. Ci sono esempi vari: ricordo “Il Postino”, ultimo film interpretato da Massimo Troisi, che si discostava abbastanza dal romanzo originale di Antonio Skármeta, ma nonostante questo il film fu un capolavoro e anzi fece diventare il libro stesso un bestseller, specie in Europa. Poi ci sono esempi a mio giudizio negativi come “Mio fratello è figlio unico” che nonostante abbia la più bella scena finale del cinema italiano ha veramente pochissimo de “Il Fasciocomunista” di Pennacchi. Il film in sé è pure bello, ma il libro, che è un capolavoro, sembra giusto l’input per una storia diversa.

Se dovessero proporti di recitare in una pellicola o in una serie storica, accetteresti? Quale personaggio storico ti piacerebbe interpretare e perché?

A proposito del compianto Antonio Pennacchi. So che qualche anno fa la Medusa ha acquisito i diritti per fare il film di “Canale Mussolini”, con cui l’autore vinse il Premio Strega nel 2010. Il libro racconta dei posti dove sono cresciuto, l’Agro Pontino e dell’epopea che lo ha trasformato da palude mortifera a granaio d’Italia a cavallo tra gli anni ‘20 e ‘30. Ecco, semmai dovesse farsi questo prodotto cercherò di farne parte.

 

Di Laura Gorini