L’assegno di divorzio: i nuovi criteri

In materia di diritto di famiglia ed, in particolare, con riferimento all’assegno spettante nell’ipotesi di divorzio, quale vicenda patologica che riguarda l’istituto matrimoniale, preme soffermarsi sulle recenti riforme legislative che recepiscono il contenuto degli approdi giurisprudenziali cui è pervenuta la Suprema Corte di Cassazione

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Esce definitivamente di scena il parametro del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Il legislatore ha ritenuto di codificare i recenti principi sanciti dalla Suprema Corte di Cassazione, adeguandosi peraltro a quasi tutti gli ordinamenti degli altri paesi europei.

I nuovi criteri non escludono il diritto del coniuge economicamente più debole a ricevere l’assegno in sede di divorzio ma circoscrivono tale diritto a precise condizioni.

In caso di matrimoni di breve durata, l’assegno di divorzio può essere concesso soltanto a tempo, ossia viene data una possibilità al coniuge economicamente più debole di inserirsi nel contesto del lavoro per raggiungere la propria indipendenza economica.

Nel caso in cui il coniuge economicamente più debole sia autosufficiente dal punto di vita economico (stipendi, rendite, pensioni o proprietà immobiliari) l’assegno di divorzio non è riconosciuto.

La legge prevede, peraltro, che l’assegno di divorzio non venga riconosciuto o venga successivamente revocato nel caso in cui il coniuge che lo riceve abbia allacciato una stabile relazione more uxorio con altro compagno/a.

Tali principi si applicano anche alle coppie unite civilmente.

L’assegno di divorzio, dunque, viene riconosciuto, seppur disancorato dal tenore di vita nel caso in cui si tratti di matrimoni di lungo corso (almeno venti anni), a condizione che il coniuge che avanza pretese in tal senso sia in grado di provare in giudizio di aver fornito un importante contributo alla crescita umana, sociale, economica e professionale dell’altro coniuge o nel caso in cui, raggiunta una certa età che non gli consentirebbe un reinserimento nel mondo del lavoro, non possa godere di mezzi per il proprio sostentamento.

Analogo principio vale per i coniugi inabili al lavoro, dichiarati tali da un’apposita commissione.